Padre Secondin conclude il ciclo triennale del commento al Vangelo, da sabato ci sarà
don Ezechiele Pasotti
Il padre carmelitano Bruno Secondin, docente emerito di Teologia spirituale
alla Pontificia Università Gregoriana, ha concluso per il nostro Radiogiornale il
ciclo triennale di commenti al Vangelo della Domenica. Da sabato prossimo ci offrirà
le meditazioni don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario
“Redemptoris Mater” di Roma. A padre Secondin, Sergio Centofanti ha chiesto
di fare un bilancio di questi tre anni passati insieme:
R. – In questi
anni ho fatto delle scelte, come quella di dare veramente alla Parola la centralità,
senza adornarla con altre cose esteriori, che magari sono anche belle e sembrano rendere
la Parola attraente. Ma la Parola in sé è attraente. Poi, trovare, ogni volta, uno
spunto immediato, centrale nel testo ed anche efficace nella comunicazione. È stata
una bellissima esperienza, di volta in volta, quasi sentivo crescere una comunione,
una comunità, perché poi gli amici mi dicevano che ascoltavano così come tanta gente
che non conoscevo. Sentivo che cresceva un ascolto condiviso, una passione per la
Parola, quasi una creatività, un estro comunicativo, attraverso questa esperienza.
Perciò sono molto grato a voi, ai tecnici. L’invito è stato per me come una scuola
di ulteriore approfondimento, ma anche di comunicazione breve, intensa, efficace che
mi ha fatto molto bene.
D. – Come meditare la Parola di Dio perché porti frutto
nella nostra vita?
R. - Prima di tutto, bisogna pensare che quando prendiamo
in mano la Parola di Dio, non si tratta semplicemente di un libro o di una storia
antica che ci viene proposta, ma è la presenza stessa di Dio che ci viene incontro
attraverso una pagina, una memoria, una sofferenza, un canto, un pianto, e quindi
uno sguardo di fede, un atteggiamento di silenzio interiore, un atteggiamento di comunione
con coloro che ce l’hanno trasmessa perché hanno vissuto, patito, amato questa memoria
che è diventata memoria di un popolo che ha camminato lungo i secoli fino a noi, quindi
un senso di comunione e di Chiesa. Poi ci vuole anche un senso molto vivo: riguarda
me e mi guida sui miei passi, quindi una Parola di vita, di verità, di appello alla
conversione, di incoraggiamento al bene. Sono atteggiamenti fondamentali, perché la
Parola che sembra una pagina scritta, diventi per me luce, impegno, richiamo, consolazione,
speranza e anche silenzio che consola il cuore turbato.
D. – Quali sono gli
elementi fondamentali della lectio divina?
R. - Classicamente abbiamo le quattro
tappe, le quattro definizioni: leggere – lectio -, approfondire – meditatio -, rispondere
a Dio che mi ha parlato – oratio -, e poi il cuore che riposa in questa verità, in
questa luce, – la contemplatio. Potremmo dire con terminologie che sono nate in questi
anni - che anche il Papa ha ripreso - cosa dice il testo in se? Quali sono le sue
ricchezze? Cosa dice il testo a me? Quindi, come illumina la mia vita, le scelte,
l’ambiente in cui mi trovo? Cosa dico io a Dio che mi ha parlato? Quindi la risposta
orante, la supplica e la richiesta di perdono, l’intercessione, l’adorazione. Possono
essere appunto quattro classici gradi o tre passaggi come questi che ho menzionato,
ma certamente si deve aggiungere alla grande tradizione anche l’actio, cioè cosa faccio
adesso che ho ricevuto questo dono e questa luce? Ma anche, possiamo aggiungere, cosa
posso condividere con gli altri? La collatio dei monaci; oggi bisogna diventare reciprocamente
donatori di una verità, di uno splendore, di un suggerimento che è stato depositato
nel cuore, quindi comunicare insieme le ricchezze che ci sono state date dalla Parola.
Questo è molto bello quando è fatto bene ed edifica veramente il senso della Chiesa.