Plenaria della Cultura: accogliere i giovani senza pregiudizi né moralismi
Con la presentazione di un documento ricco di spunti e indicazioni, si è conclusa
l’Assemblea Plenaria annuale del Pontificio Consiglio della Cultura, iniziata lo scorso
mercoledì a Roma ed incentrata sul tema delle “Culture giovanili emergenti”. Nel testo
si evidenzia l’importanza dell’ascolto dei giovani di oggi ed una “vicinanza rispetto
al multi-verso giovanile”. I ragazzi – si legge nel documento – sono la cassa di risonanza
della crisi della società in genere e pertanto la “comprensione include la dimensione
culturale, insieme alla visione economica e strutturale”. L’esempio degli “indignados”
è emblematico perché da un lato esprime il disincanto e la stanchezza delle giovani
generazioni di fronte al sistema, e “mette in questione le vecchie prassi politiche
e il modo abituale di trasmettere la fede”.
“I giovani – evidenzia il documento
- vivono un ‘presentismo’ senza futuro, facendo dell’esperienza personale una cosa
pubblica, dando vita a comunità fondate sui sentimenti, creando rapporti globali che
confluiscono in una ciber-identitá”. Così la tecnologia diventa una connotazione centrale
dell’identità giovanile; un’identità che spesso nei modelli e nel gruppo trova àncore
di sicurezza. Sono proprio le tecnologie che, intervenendo nell’esperienza delle persone,
permettono un ampliamento delle potenzialità umane: “cerco, trovo, ne fruisco quando
mi serve” ma con selezione, possibilità di commento e di interazione. I giovani –
si legge - sono più pronti all’interazione che all’interiorizzazione. Da qui la necessità
di trovare spazi nei quali accogliere le domande radicali, stare in silenzio e meditare.
Ma lo sforzo da fare è capire “la grammatica dei ragazzi”.
“I giovani tante
volte non capiscono il linguaggio della Chiesa e la Chiesa non capisce il linguaggio
dei giovani”. Così per non far fallire la comunicazione bisogna comprendere profondamente
la cultura dei ragazzi. Gli adulti sono chiamati ad assumersi le responsabilità in
un’ottica matura e non prigioniera del mito dell’eterna giovinezza. Capire soprattutto
che i giovani vogliono sottrarsi alla sofferenza e cercano il loro senso a volte con
mezzi paradossali - tentativi di suicidio e ricerca del coma, come se la morte fosse
una guarigione dalle ferite, una sospensione di sé, un rifugio dove ricostruirsi –
le comunità cristiane in questo senso devono aiutare a riconoscere le domande fondamentali.
“L’indugiare della Chiesa in vuoti ritualismi, in compromessi senza audacia, non aiuta
a far convergere verso la fondamentale questione del senso della vita”. “Le nuove
tecnologie sono un modo sempre più ordinario per esprimere il desiderio di una spiritualità
capace di coniugare sapienza e flusso della vita – aggiunge il documento - ai rapporti
umani fondati unicamente sulla scelta degli amici, la Chiesa invita a scoprire la
presenza degli altri come fratelli e sorelle donati”.
Le comunità cristiane
sono invitate poi a presentare la bellezza e la gioia della vita cristiana, i precetti
evangelici sono un’indicazione di senso per raggiungere la pienezza della vita. Preparare
i giovani cristiani è dunque una responsabilità per il futuro, per costruire una fraternità
universale. Importante è così lavorare sul dialogo interculturale, già avviato, e
fornire alcune proposte per le comunità cristiane come, ad esempio, “accogliere a
braccia aperte i giovani così come sono, senza pregiudizi e giudizi moralistici”;
“essere luogo di ascolto”; “offrire integrazione in comunità” e supportare le competenze
dei giovani, “il loro contributo profetico” per il bene del mondo, coscienti di un
bene comune senza esclusione e forme di emarginazione. (A cura di Benedetta Capelli)