La crisi economica impatta sulla salute dei bambini: a rischio soprattutto gli immigrati
La crisi dei mercati impatta fortemente sui bambini, in particolare per quanto riguarda
la salute fisica e psicologica e le cure mediche relative. E’ quanto emerso in un
convegno a Roma sul tema “Crisi economica e condizione infantile”, organizzato dalla
Caritas. Stando ai dati Istat in Italia sono 1,8 milioni i minori che vivono in famiglie
in condizione di povertà relativa, oltre 700 mila, per lo più immigrati, quelli che
vivono in povertà assoluta, dove i genitori non possono garantire loro standard di
vita accettabili. Cecilia Seppia ne ha parlato con Salvatore Geraci,
medico chirurgo, responsabile dell’area sanitaria per la Caritas di Roma:
R. - E’
come se la crisi economica avesse un indicatore di sofferenza, che sono proprio i
bambini. Siamo partiti da un’analisi del bambino appena nato - a livello dei dati
di neonatologia - quindi, bambini nati prematuri, a basso peso, bambini che hanno
necessità di cure molteplici e quello che si scopre è che le persone che hanno disagi
o malattie evidenti, sono quelle che vivono una situazione di maggiore crisi; con
riferimento, per esempio, a persone immigrate - in particolare quelle che vengono
dall’Africa subsahariana e dall’Europa dell’Est - con riferimento anche alle italiane
in cui la madre riconosce da sola il bambino, quindi le famiglie “mono-parentali”.
D.
- Quindi, la crisi impatta sull’infanzia, le condizioni di vita dei piccoli peggiorano.
Di quali problematiche legate alla salute parliamo?
R. - Da una parte abbiamo
visto quelle legate proprio al momento della nascita: patologie respiratorie e dal
punto di vista neurolettico, poi anche disagi psicologici, malnutrizione. Il ragionamento
che stiamo facendo però non è tanto nell’immediato - fortunatamente sono numeri piccoli,
perché comunque l’Italia ha un sistema abbastanza buono di sorveglianza - quanto in
termini di prospettive: questi bambini che nascono con questo handicap iniziale, in
situazioni di disagio diffuso, che prospettive hanno di crescere bene e soprattutto
di avere le stesse opportunità di tutti gli altri? … Si è parlato molto di disuguaglianze
in questo convegno: il vero impegno nei momenti di crisi è fare in modo che le disuguaglianze
si riducano. Le disuguaglianze sono quelle differenze evitabili, non necessarie, che
producono appunto malattie, ma che possono essere evitate con delle attente politiche
sociali e sanitarie.
D. - Quindi, cercare di insistere sulla prevenzione, chiedere
politiche sociali adeguate anche per abbattere i muri della disuguaglianza. Parlando
però del bambino immigrato, in particolare, quali criticità si aprono?
R. -
Lì entra in gioco un altro capitolo molto delicato: questi bambini, che poi fanno
un percorso di crescita, in realtà non vengono accolti dalla società, in particolare
i bambini figli di immigrati continuano ad essere considerati immigrati pur non essendo
mai stati fuori dall’Italia - pur parlando solamente la lingua italiana, o magari
il dialetto della regione dove si trovano - questi bambini continuano ad essere considerati
un “corpo estraneo”. È stato indicato da mons. Feroci, direttore della Caritas - che
ha partecipato a questo convegno - l’importanza di un’assoluta urgenza di modificare
la legge della cittadinanza e far sì che questi bambini si sentano effettivamente
quelli che sono, cioè dei “nuovi italiani”.
D. - Cosa si può fare, cosa si
deve fare e cosa sta facendo in particolare la Caritas, se ci sono programmi specifici
per esempio di prevenzione, di cura o sostegno?…
R. - La Caritas continua il
proprio intervento di “prossimità” e di scelta di campo, che è l’intervento diretto.
In generale, il grande problema è più sul piano culturale: riscoprire quel ruolo -
che è proprio anche della Caritas - ovvero quello della pedagogia; fare in modo che
tutta la società capisca che questi bambini sono il nostro futuro e la nostra speranza.
Se noi non interveniamo già adesso, subito dalla nascita, della crescita - con leggi
sulla cittadinanza, con leggi di accoglienza degli immigrati, leggi che possono favorire
le mamme italiane e straniere - noi ci stiamo veramente precludendo un futuro. Quindi,
un intervento è un intervento nello specifico, nell’aiutare le persone che soffrono,
ma nello stesso tempo è un intervento nelle politiche e nella cultura.
D. -
In uno degli interventi dei relatori in questo convegno si è parlato di “neonato a
rischio sociale”. Vogliamo spiegare in che senso?
R. - I problemi che vive
il bambino nella primissima infanzia, anche come privazione economica - parliamo di
cose essenziali e non di cose di lusso - si ripercuote sicuramente sulla possibilità
futura che questo bambino possa essere una persona - uomo o donna - integrata ed inserita
nella società e che possa essere anche un elemento produttivo non solo in termini
economici, ma anche a livello culturale della società stessa.