Intesa sul bilancio Ue. Zamagni: in atto conflitto d'interessi, mancano i valori
Per la prima volta nella sua storia, l'Unione Europea diminuisce il bilancio, approvato
ieri a Bruxelles dai capi di Stato e di governo dell'Ue dopo una lunga e difficile
trattativa. Per infrastrutture, innovazione e ricerca vengono stanziati 13 miliardi
di euro in meno rispetto al passato. Risparmi anche per l'amministrazione pubblica
dell'Ue e Affari Esteri. Crescono invece i fondi per la coesione "economica, sociale
e territoriale", a vantaggio delle aree più povere dell'Europa ed i fondi per la politica
agricola. Sei miliardi di euro vanno a Spagna, Italia, Portogallo e Grecia per iniziative
contro la disoccupazione giovanile. Un compromesso al ribasso, dettato da esigenze
di politica nazionale più che da ambizioni di integrazione continentale? Luca Collodi
lo ha chiesto all'economista Stefano Zamagni:
R. – Si ha un’ulteriore
conferma del fatto che quando un’unione di Paesi come quella europea è fondata solo
sugli interessi, e non anche su valori trascendenti, i risultati sono quelli che vediamo.
Infatti, il conflitto oggi in atto è un conflitto di interessi: ci sono Paesi che
danno più di quanto ricevano e altri ricevono più di quanto diano. Ed è chiaro che
il primo gruppo di Paesi – quelli che danno più di quanto ricevano – hanno incominciato
a dire: “Noi siamo stufi di finanziare il benessere degli altri Paesi”. In particolare,
la miccia è stata innescata dalla Gran Bretagna che per le note ragioni ha interessi
a ridurre il più possibile il bilancio europeo non solo per contribuire meno lei,
ma soprattutto perché l’Inghilterra non è stata tra i Paesi fondatori, non ha nessuna
propensione o disposizione d’animo verso l’Unione Europea, come tutti sanno.
D.
– Ma la Gran Bretagna non è sola, perché sia la Germania sia l’Olanda sia la Svezia,
ma anche la Danimarca appoggiano questa linea di Londra …
R. – Ma è evidente!
Infatti, chiaramente, siccome Londra ha chiesto di ridurre il bilancio europeo di
questi Paesi, che sono fra coloro che danno più di quanto ricevano, hanno chiaramente
interesse a vedere approvata questa linea perché a loro volta daranno un contributo
minore. L’Italia è tra i Paesi che danno più di quanto ricevano; il risultato è che
negli ultimi anni l’Italia non ha utilizzato decine di miliardi di soldi che ci spettavano
proprio per l’incapacità di trasformare queste risorse in progetti credibili.
D.
– I tagli alle infrastrutture, alle innovazioni e alla ricerca sono gravi?
R.
– Questa è una brutta notizia, ovviamente, soprattutto per quanto riguarda i tagli
all’istruzione, che vuol dire scuola, università e ricerca scientifica. Quindi, perderemo
ulteriormente terreno rispetto alle altre aree forti che sono il Nordamerica da un
lato e l’Asia dall’altro. Cioè, ancora una volta prevale una concezione riduzionista
della cultura e della ricerca scientifica, che le vede come “spese per consumi”. Quindi,
siamo in crisi, ristrettezze di bilancio, tagliamo i consumi: ma questa è un’idiozia,
letteralmente parlando! Perché? Perché la spesa per la scuola e la ricerca è una spesa
di investimento! Questo significa mettere a repentaglio la situazione dei prossimi
anni. Invece, la buona notizia è l’intervento a favore dell’agricoltura. Noi dobbiamo
lanciare un progetto agricolo, perché non è vero – come qualcuno ancora si ostina
a pensare – che l’agricoltura sia un’attività improduttiva: l’agricoltura ha una serie
di vantaggi, che non è solo il prodotto agricolo che si ottiene, ma è la tenuta del
territorio e soprattutto è un’attività ad alta intensità di lavoro, cioè crea più
posti di lavoro che non l’industria altamente meccanizzata che sostituisce robot e
macchine al lavoro.
D. – A quanto pare, le esigenze di politica nazionale stanno
avendo la meglio sulle ambizioni di integrazione europea …
R. – Sì, questo
è vero. Però, in questo caso c’è un’attenuante: in questo momento è ovvio che le situazioni
nazionali non possano che avere il sopravvento sulle altre. Non perché le altre non
siano importanti, ma perché è evidente che tutti aspettano l’inversione del ciclo
economico che si è stimato possa avvenire alla fine di questo anno solare, per poi
riprendere quel cammino che era stato interrotto.