Giornata del Malato. La fede, la prova, la speranza
di Monica Quirico, docente di Teologia Fondamentale alla Pontificia Facoltà Teologica
dell'Italia Settentrionale E’ legittimo
pregare ricercando la guarigione ma la cosa più importante, quando si è nella condizione
della malattia propria o di un familiare, è stare di fronte a Lui e attendere, invocando
una integrità globale, non solo quella fisica. Credere nel miracolo è importante perché
vuol dire credere nell’estrema attenzione di Gesù per l’uomo. Ma crederci non significa
pretenderlo, perché non è un automatismo. C’è bisogno di un addestramento a questo
tipo di atteggiamento quando si è in salute. E' già allora che dovremmo prepararci
a sperimentare il limite della nostra creaturalità. Papa Benedetto XVI nel
Messaggio per la XXI Giornata mondiale del Malato, che si celebra l'11 febbraio, ha
invitato a vivere l’Anno della fede come "un’occasione propizia per intensificare
la diaconia della carità nelle nostre comunità ecclesiali, per essere ciascuno buon
samaritano verso l’altro, verso chi ci sta accanto", richiamando "alcune figure, tra
le innumerevoli nella storia della Chiesa, che hanno aiutato le persone malate a valorizzare
la sofferenza sul piano umano e spirituale, affinché siano di esempio e di stimolo".
La prof.ssa Quirico - intervenuta al convegno organizzato dalla diocesi di Torino
"Fede, guarigione e salute" - sottolinea, a proposito del presunto silenzio di Dio
su alcuni drammi dell'umanità e in generale sul dolore e sulla soffferenza dell'essere
umano, l'onnipotenza paradossale del Dio cristiano. Il nostro "è in fondo un 'Dio
debole' - spiega - non nel senso di come lo intende il pensiero contemporaneo, ma
perché si svuota completamente per l’uomo. Ed è sì una debolezza, che però ci salva".
(a cura di Antonella Palermo)