2013-02-08 14:45:50

Siria, Palestina e Mali al centro del vertice della Conferenza della cooperazione islamica


Si è chiuso giovedì al Cairo, in Egitto, il vertice della Conferenza della cooperazione islamica alla quale hanno partecipato oltre 20 capi di Stato e di governo, fra i quali il capo dello Stato iraniano Mahmoud Ahmadinejad. La conferenza ha nominato il nuovo segretario generale. Si tratta dell'ex ministro dell'informazione saudita, Iyyad Madadi, che sostituisce il turco Ekmeleddin Ihsanoglu. Cosa vuol dire, in termini politici, un passaggio di consegne dalla Turchia all’Arabia Saudita? Salvatore Sabatino ha girato la domanda a Vincenzo Strika, già docente di Storia Contemporanea dei Paesi Islamici presso l’Università Orientale di Napoli:RealAudioMP3

R. - L’Oci - Organizzazione della Conferenza Islamica - nasce nel 1969, in seguito ad un attentato a Gerusalemme. É interessante ricordare che la sede della conferenza è Jedda, città scelta in attesa della liberazione di Gerusalemme; quindi c’è un impegno. L’Arabia Saudita poi è stato lo sponsor maggiore economico della Conferenza nelle sue varie articolazioni, dalla Banca islamica al Comitato Al Qods che si trova in Marocco. Quindi è abbastanza normale che l’Arabia Saudita abbia un ruolo maggiore.

D. - Il vertice ha adottato le conclusioni finali in cui si parla di Siria, Palestina e Mali. In particolare sulla Siria, i leader islamici sollecitano un dialogo serio tra opposizione e rappresentanti del governo, una posizione non certamente nuova…

R. - Penso che sia una posizione scontata, bisogna vedere se però gli altri attori intorno sono d’accordo. Poi d’altra parte, la situazione in Siria si è così incancrenita che non è facile mettere sul tavolo le persone dopo tante vittime...

D. - Sul Mali invece la Conferenza islamica sostiene l’unità e l’integrità territoriale del Paese e dà la sua piena solidarietà al governo. Questa è una presa di posizione molto interessante...

R. - Sì, perché tutto sommato molto spesso questi interventi “esterni” vengono fatti per i propri interessi. Questi interessi talvolta si concentrano in alcune zone del Paese - le più ricche - e di solito hanno tendenze separatiste. Poi questi movimenti, soprattutto in Paesi come quelli africani suscitano un’instabilità permanente, quindi è abbastanza normale che la Conferenza punti all’unità e al mantenimento dello status quo.

D. - Per quanto riguarda la Palestina, i leader del mondo islamico ribadiscono il loro appello al Consiglio di sicurezza Onu a prendere le misure necessarie per far rispettare ad Israele il diritto internazionale e fermare tutti gli atti praticati nei Territori palestinesi a Gerusalemme est. Questa dichiarazione, non può - di fatto - arrestare la ripresa del processo di pace?

R. - Finché un Paese ha una grande forza militare, ed ha alle spalle un alleato come gli Stati Uniti, è poco probabile che avvenga qualcosa di significativo. Però - diciamo - che il tempo lavora per i palestinesi. Israele, negli ultimi tempi, ha perso un alleato formidabile come era lo Shah; era alleato della Turchia sulla base di un accordo del ’96 che poi è saltato. L’Egitto non sarà più quello di Mubarak, quindi perde colpi e dovrebbe rendersi conto che è tempo di mettersi a tavolino.

Ultimo aggiornamento: 9 febbraio 2013







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