Saipem, Scaroni rimane al suo posto. L'esperto: corruzione internazionale diffusa
E’ stata un’altra giornata nera per Saipem in Borsa, dopo che Paolo Scaroni, amministratore
delegato di Eni, è stato indagato per corruzione internazionale. Il titolo ha perso
il 3 per cento. Alessandro Guarasci:
Scaroni non
ci pensa a fare marcia indietro. Al centro dell’inchiesta una presunta maxitangente
da quasi 200 milioni di euro per gli appalti Saipem, controllata da Eni. Scaroni spiega
di non essersi mai interessato dei contratti di Saipem, perché essa lavora per tutti
i concorrenti di Eno, da Shell a Total. Nessun incontro poi con faccendieri del governo
algerino. Nei fatti quello su cui operano le compagnie petrolifere e le società d’ingegneria
nel settore energetico è un terreno scivoloso. I funzionari governativi hanno la piu’
ampia discrezionalità e le tangenti, nei Paesi in via di Sviluppo, non sono rare.
Alberto Vannucci, autore dell’Atlante della Corruzione.
R. - La corruzione
internazionale di funzionari, amministratori di Paesi stranieri, purtroppo è una prassi
commerciale estremamente diffusa: fino a qualche anno fa - fine anni ’90 - addirittura
la Francia prevedeva la possibilità di detrarre dalle imposte le spese sostenute dall’imprese
francesi, pagando tangenti ai funzionari dei Paesi in via di sviluppo. Proprio per
contrastare questo tipo di pratiche, anche l’Organizzazione per Cooperazione allo
Sviluppo ha promosso una convenzione internazionale che, appunto - come nel caso degli
amministratori di Saipen e di Eni - prevede una sanzione penale.
D. – I risultati
ci sono dopo questa convenzione internazionale?
R. – Questa prassi rimane tutt’ora
diffusa, perché già è difficile reprimere la corruzione nel proprio Paese, ancor di
più lo è trovare evidenze e quindi avviare procedimenti penali per una corruzione
che si realizza in altri Paesi. Semplicemente, rende i Paesi ricchi esportatori di
capitali ed anche esportatori di corruzione in Paesi che già ne hanno molta per conto
loro.