2013-02-08 15:30:37

Riprendono a Cuba i colloqui tra Farc e governo colombiano


Sono ripresi ieri all’Avana i colloqui di pace tra il governo della Colombia e le Farc, Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane. Nonostante i negoziati in corso, sul terreno tuttavia continuano le violenze, mentre la Chiesa continua con forza ad esprimere l’auspicio che il dialogo vada a buon fine. Sulla situazione in Colombia e l’andamento dei colloqui, Giancarlo La Vella ha intervistato Maurizio Chierici, esperto di America Latina:RealAudioMP3

R. – Sì, le violenze sono ricominciate. Tuttavia, la filosofia che accompagna le trattative di Cuba è quella di distinguere tra ciò che succede all’Avana e ciò che succede in Colombia, anche perché le Farc hanno ricominciato con attentati incomprensibili: hanno fatto saltare un asilo, hanno ucciso tre poliziotti e tre ne tengono prigionieri… D’altronde, però, una soluzione credo che sia importante e credo che Cuba la senta moltissimo. Ma c’è qualcosa di più: teniamo presente che in Colombia, la guerra che dura da mezzo secolo ha avuto come principale soggetto che allevia i problemi della gente la Chiesa colombiana... Qual è il nodo? Prima di tutto, i problemi agricoli: le zone delle Farc sono zone dove esistevano i latifondi e quindi c'è il problema di migliaia e migliaia di persone che sono fuggite da quella zona, si sono accampate lì attorno, assistite dalla Caritas ma vogliono tornare: vogliono che il ritorno non sia il ritorno al latifondo, ma il ritorno ad una regolamentazione diversa.

D. – Se sono iniziati dei colloqui, vuol dire che nelle parti c’è l’intenzione di fare delle concessioni. Quali quelle del governo nei confronti delle Farc e viceversa, quali quelle dei miliziani nei confronti del governo?

R. – Il governo si è dichiarato molto ottimista. Dice che infondo l’impostazione dei colloqui è giusta ed è ottimista sul risultato che prima o poi avverrà. Quello che invece dicono quelli delle Farc è che non esiste tutta questa grande apertura, anche perché ricordo le parole di un incontro con Ingrid Betancourt, che è stata prigioniera quasi sei anni delle Farc, e diceva che nelle zone occupate – che sono un quinto del Paese – e nelle zone attorno la soluzione è il lavoro. Ma il lavoro nelle zone occupate è: devi far carriera nelle Farc, e diventare un graduato, un comandante e quindi hai possibilità di mantenere la famiglia; ma la stessa cosa avviene dall’altra parte: o entri nell’esercito, o entri nelle squadre di protezione dei civili e a questo punto fai carriera. Devono disinnescare questa "bomba sociale", credo. Per il momento, però, da una parte e dall’altra le bocche sono cucite …

Ultimo aggiornamento: 9 febbraio 2013







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