2013-02-07 14:41:11

Ue cerca accordo sul bilancio. L’economista greco Tsoukalis: ripristinare fiducia nell’euro


A Bruxelles, si tiene oggi il vertice del Consiglio Europeo, alla ricerca di un accordo sul bilancio dell’Unione per i prossimi sette anni. Alcuni Paesi, Germania in testa, chiedono tagli significativi, all’insegna del rigore. Altri, come la Francia, sperano di limitarli o renderli più mirati. Intanto, da Atene arrivano cattive notizie. Le entrate della Grecia sono in calo, e il fisco rischia di non raggiungere gli obiettivi prefissati. Ma qual è lo stato di salute dell’economia ellenica, uno dei "termometri" della crisi? Davide Maggiore lo ha chiesto a Loukas Tsoukalis, economista dell’Università di Atene:RealAudioMP3

R. – In Greece, we have already covered...
Abbiamo già fatto molta strada, in Grecia, sia in termini di riconsolidamento del bilancio e anche, sempre di più, in termini di riforme strutturali. Abbiamo un governo che ora è determinato e che sta prendendo le giuste misure. L’altra notizia molto buona è che ora praticamente nessuno parla più del rischio che la Grecia lasci l’eurozona. Solo sei mesi fa, molti davano per scontato che la Grecia avrebbe lasciato l’eurozona. La cattiva notizia è che - come risultato di tutte quelle misure che sono state prese e di quelle che non sono state prese - nell’ultimo anno e mezzo, l’economia greca è affondata. Abbiamo già perso già il 20% del nostro prodotto interno lordo e stiamo ora iniziando il sesto anno consecutivo di recessione, con una crescita negativa. Abbiamo il 26% di disoccupazione e questo tasso continua a crescere. Questo significa che la nostra economia e la nostra società sono disperate. In tale situazione, per prima cosa, i costi economici e sociali sono enormi, ma c’è anche il rischio di imprevisti.

D. – La Grecia non è stato il solo Paese europeo colpito dalla crisi dell’eurozona. I fattori che hanno causato la crisi sono stati affrontati o c’è ancora qualcosa da fare?

R. – There is a collection of different national problems...
C’è un insieme di differenti problemi nazionali all’interno dell’eurozona, ma c’è anche un problema sistemico dell’eurozona come tale. Penso si siano fatti progressi – non c’è dubbio su questo – nel ridurre il deficit di bilancio, in tutti i Paesi europei. Si sono fatti progressi nelle riforme strutturali, in alcuni Paesi di più che in altri, e sono state adottate politiche a livello europeo che sarebbero state completamente impensabili due anni fa. Tutto questo va molto bene, ma non è abbastanza, e questo è il problema. Quello che sottolineerei in questa circostanza è che l’eurozona ha bisogno disperatamente di adottare politiche orientate alla crescita, perché la recessione sta durando troppo: il costo in termini di sofferenza economica e sociale è enorme e l’austerity e le riforme strutturali sono una cosa, ma lo stimolo alla crescita è un’altra, e noi abbiamo bisogno di entrambi.

D. – Le istituzioni europee, soprattutto la Banca centrale europea, hanno fatto molte cose per affrontare la crisi del debito. Possono fare la stessa cosa per accelerare la crescita?

R. – In order to boost growth...
Per accelerare la crescita, la prima cosa da fare è ripristinare la fiducia nella solidità dell’unione monetaria: i mercati devono convincersi, tutti devono convincersi, che l’euro è qui per restare e tutti quelli che sono nell’euro ci sono per restarci. Se si ferma la speculazione, la maggior parte del capitale che ha lasciato il Sud dell’Europa tornerà indietro e parte di esso sta già tornando. Però, bisogna anche immettere più liquidità nel sistema: infatti, a causa della crisi molte banche, specialmente nel sud dell’Europa, sono affamate di capitali, non hanno soldi. Se non c’è liquidità, non ci possono essere investimenti e non ci può essere crescita. Quindi, bisogna immettere liquidità nel sistema e c’è bisogno anche di politiche europee, come per esempio progetti infrastrutturali, che creerebbero posti di lavoro. Bisogna ritornare anche ad alcune ricette tradizionali per stimolare la crescita.







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