Tunisia. Ennhada rifiuta lo scioglimento del governo. La Chiesa vicina al popolo
Tunisia nel caos dopo l’uccisione, ieri, del leader del Fronte Popolare dell’opposizione,
Chokri Belaid. Manifestazioni anche oggi a Tunisi. Siti islamisti inneggiano alla
sua morte, mentre la decisione del premier Jebali di sciogliere il governo, per costituirne
uno di soli tecnici, è stata respinta dal partito di governo Ennahda. La Chiesa intanto
si dice vicina al popolo tunisino. Il servizio di Massimiliano Menichetti:
L’attentato
contro l’avvocato Chokri Belaid, leader della coalizione di partiti liberali e progressisti,
è un atto contro tutta la Tunisia. Lo ha detto il premier Jebali incarnando il pensiero
di tutta la nazione. Jebali, dopo aver condannato l’assassinio del segretario della
terza forza politica del Paese, ha deciso di sciogliere l'esecutivo per costituirne
uno di soli tecnici. Decisione questa respinta dal partito al governo Ennhada, che
si ispira ai Fratelli musulmani, il quale ha accusato il primo ministro di non avere
avviato consultazioni in tal senso. La Chiesa si stringe nel dolore per quanto accaduto:
padre Jawad Alamat, direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie della Tunisia,
tramite l'Agenzia Fides, si dice "solidale con tutto il popolo tunisino che soffre
per l’attentato alla sua libertà, al suo diritto al pluralismo e alla sua dignità”.
Intanto, si indaga per trovare i responsabili dell’assassinio Belaid: l'uomo è stato
raggiunto da quattro colpi di arma da fuoco, mentre usciva dal portone di casa. Oggi
frasi che inneggiano all'uccisione dell’avvocato 48.enne sono comparse su alcune pagine
Facebook, riconducibili a islamisti. Mentre a Tunisi in migliaia hanno accompagnato
la salma di Belaid dall'ospedale alla casa dei genitori, domani si terranno i funerali.
E nei violenti incidenti di questa mattina a Gafsa un ragazzo sarebbe rimasto ucciso.
Ieri, manifestazioni si sono tenute nella capitale, un poliziotto è morto. Per domani
indetto anche un nuovo sciopero generale.
Sulla situazione in Tunisia, Fabio
Colagrande ha intervistato Adnane Mokrani, tunisino, teologo musulmano,
docente alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Istituto di Studi Arabi
e Islamistica:
R. – Chokri
Belaid è una persona che ha lottato contro la dittatura, credeva nella democrazia
e nella libertà. Il suo assassinio è un dramma da condannare radicalmente, ma spero
sia anche una speranza per unire il popolo tunisino contro i nemici della democrazia
e dare la priorità all’unità nazionale, agli obiettivi della rivoluzione, che sono
dignità, lavoro, libertà, e non perdersi nelle lotte tra partiti e tra interessi egoistici.
La priorità ora è di finire di scrivere la Costituzione, fare nuove elezioni e arrivare
a un governo normale, secondo una Costituzione ben stabilita.
D. – L’impressione
è che ci sia uno scontro anche tra due modi diversi di leggere l’islam, in Tunisia
come in altri Paesi che hanno attraversato la "primavera araba"…
R. - Sì, ho
sempre pensato che la democrazia senza gli islamisti sia impossibile e che con loro
sia difficile. C’è questa sfida reale, ma non si può negare la diversità, la pluralità,
il pluralismo interno del popolo. Non si può imporre uno stile di vita o un pensiero
unico. Dobbiamo comunque collaborare con quelli che sono convinti dei valori e dei
principi della democrazia per poter andare avanti.
D. - Le "primavere arabe"
stanno fallendo nel nord Africa?
R. – Il termine "primavera" non mi convince
molto. Siamo in cammino. Una rivoluzione è un processo lungo, potrebbe durare dieci
anni, forse di più. E’ un processo che chiede una maturazione culturale, un cambiamento
di mentalità, una preparazione. Adesso, il governo è totalmente nuovo, senza esperienza:
c’è bisogno di un’educazione politica, non solo per l’esecutivo, ma anche per l’opposizione.
Stiamo imparando. Non dobbiamo perdere la speranza, perché perdere la speranza significa
cadere nel peggio e tornare alla dittatura.
“Tutti i percorsi di transizione
sono grandi momenti in cui si affrontano grandissime difficoltà”. Lo ribadisce al
microfono di Fabio Colagrande, Osama Al-Saghir,parlamentare
di Ennahda, eletto nella Circoscrizione Italia dei tunisini all'estero, tra i fondatori
dei "Giovani Musulmani d’Italia":
R. – Come partito
Ennahda, stiamo cercando di affrontare questa situazione con la maggiore calma e freddezza
possibile, interagendo però con tutti gli eventi importanti che si stanno verificando
nel nostro Paese, dando importanza a ogni cosa, per riuscire a salvare il nostro Paese.
Credo ci sia ancora quel modo di pensare che vuole escludere gli islamici dalla partecipazione
democratica. Il nostro partito, lotta per la democrazia, ha fatto entrare tante donne
deputato all’interno del Parlamento: 42. A fronte dei nostri 89 deputati, quasi il
50%. Mi chiedo quale partito europeo democratico abbia la stessa percentuale di donne
al governo. Quello che si sta cercando di fare è dimostrare a tutti i costi che i
rappresentanti di Ennahda siano incapaci e non accettino al democrazia… Poi, si verificano
eventi come questa uccisione e tutto contribuisce ad incendiare l’atmosfera.
D.
– Secondo lei, chi c’è dietro questo omicidio?
R. – C’è dietro il vecchio sistema,
ci sono dietro tutte quelle parti che hanno interesse al ritorno del regime di Ben
Alì: non necessariamente di Ben Ali in persona, ma c’è chi ci sta rimettendo nel cambiamento,
e per questo vuole riportare il Paese indietro. Ennahda è l’ultima parte ad avere
interesse a commettere un crimine come questo. Il Paese oggi non è stabile, mentre
noi lavoriamo giorno e notte per stabilizzarlo.
D. – Nonostante quello che
lei dice, però, si parla di un clima di forte insoddisfazione popolare per il governo
che fino adesso è stato al potere, in Tunisia. Perché, secondo lei?
R. – Lei
sa meglio di me che non esistono governi che riescono al 100% nel loro andamento,
dopo le rivoluzioni. In Tunisia, ci sono grandi richieste sociali e queste non possono
essere esaudite in un tempo ristretto. Per esempio, dopo tanti anni in cui si è badato
soltanto allo sviluppo delle zone costiere, c’è grande povertà nell’entroterra… Ecco,
questi sono i nostri problemi: riuscire a garantire una vita dignitosa a tutti, ovunque
si trovino nel territorio tunisino. Qualsiasi parte, interna o esterna al Paese, voglia
contribuire alla stabilità e miglioramento è amica del popolo tunisino. Qualsiasi
parte, invece, che voglia destabilizzare il Paese, dal suo interno o al suo esterno,
è nemica del popolo tunisino. Noi cercheremo di rafforzarci con tutti i nostri amici.