Scontro Obama - Standard & Poor's sulla causa della Casa Bianca contro l'agenzia di
rating
Ha fatto scalpore la decisione del presidente americano Obama di far causa all'agenzia
di rating Standard & Poor's per la sopravvalutazione dei titoli immobiliari che contribuì
a portare alla crisi finanziaria del 2008. La causa civile è stata presentata davanti
ad una corte federale in California. Accuse false e immotivate: ha replicato l’agenzia
di rating. Al microfono di Massimiliano Menichetti, Nicola Borri economista
dell’Università Luiss:
R. - Sarà molto
interessante vedere quale sarà il giudizio sulla causa intentata da Obama, perché
la linea di difesa di Standard & Poor’s - che è poi la linea scelta delle altre agenzie
di rating in procedimenti intentati da privati - è quella del primo emendamento ovvero
quello che riguarda la libertà di espressione. Ciò che le agenzie di rating sostengono
è che esprimono semplicemente dei giudizi e che quindi poi non possono essere considerate
responsabili di eventuali difformità rispetto ai giudizi stessi che loro hanno espresso.
D.
- Cosa comporterebbe una vittoria dell’amministrazione Obama?
R. - Un forte
colpo indietro per le agenzie di rating, che vedrebbero il loro business estremamente
ridotto. Ciò che però è necessario sottolineare, è che tutt’ora quello che rende il
giudizio delle agenzie di rating fondamentale, è la regolamentazione stessa degli
Stati Uniti, ma anche in Europa, che obbliga molte istituzioni finanziarie, fondi
pensione, a mantenere una certa quota del proprio investimento in titoli che abbiano
un determinato rating. E’ dunque la stessa regolamentazione a far si che le agenzie
di affidabilità con i loro giudizi siano fondamentali. Quindi piuttosto che procedere
per vie legali contro queste, forse andrebbe ripensata la regolamentazione.
D.
- Questa decisone potrebbe aprire ad un ripensamento?
R. - Questa decisione
sicuramente indica che la politica negli Stati Uniti ha deciso di intraprendere un’azione
molto più aggressiva di regolamentazione dei mercati. Quello che però è da vedere
è se poi - nei fatti - questa maggiore regolamentazione sarà efficace o meno. Il rischio
è che queste amministrazioni pubbliche negli Stati Uniti, ma anche in Europa, cerchino
un po’ di soddisfare l’appetito dell’investitore o del cittadino che è rimasto deluso
e scottato sui mercati finanziari, senza però poi veramente dare il colpo decisivo
che possa rendere questi mercati meglio regolamentati e quindi più efficaci, più giusti
per tutti gli investitori.
D. - Ma questa causa civile intentata da Barak Obama,
mette in discussione anche l’affidabilità globale delle agenzie?
R. - Secondo
me no. Quello che però probabilmente cambierà è un po’ il meccanismo che lega le agenzie
di rating con chi emette i prodotti che poi devono essere giudicati. Ovvero, nel caso
dei prodotti che l’amministrazione Obama sta prendendo in questione, le agenzie di
rating emettevano un giudizio dopo che l’emittente del titolo stesso aveva chiesto
questo giudizio ed aveva pagato per ottenerlo. Quindi c’è un potenziale rischio di
collusione tra chi compra il giudizio, l’emittente, e chi vende il giudizio, l’agenzia
di rating. Questo conflitto di interesse, che è inerente al ruolo della agenzie di
rating, in questo caso deve necessariamente essere risolto con una maggiore regolamentazione.
Al contrario nel caso del rating sovrano, cioè quello di un Paese come l’Italia o
come la Spagna, le agenzie di rating non sono pagate dai Paesi emittenti di queste
obbligazioni. Quindi questo meccanismo di conflitto di interesse non viene ad esistere.