Nasce il primo Osservatorio Europeo sulle condizioni di detenzione
600mila: tanti sono i detenuti nelle carceri dell’Unione Europea; di questi, 400mila,
si trovano in penitenziari monitorati dall’Osservatorio Europeo sulle condizioni
di detenzione, il primo del genere, che sta studiando la situazione in otto Paesi:
Francia, Regno Unito, Grecia, Lettonia, Polonia, Portogallo, Spagna e naturalmente
Italia. Il progetto, presentato a Roma, è coordinato dall’associazione Antigone e
finanziato dall’Unione Europea, con organismi partner nei Paesi interessati. Sovraffollamento
e carenza di risorse finanziarie sono i due punti in comune di questi Paesi, ciascuno
dei quali presenta poi altri aspetti. Se in Italia sotto accusa è la custodia cautelare,
che tiene in carcere oltre il 40% della popolazione detenuta, in Francia, ad esempio,
si assiste ad una drammatica crescita della popolazione detenuta, con un elevato tasso
di suicidi. La sofferenza dei sistemi detentivi , spiega l'Osservatorio attraversa
tutta l’Europa. Lo spiega AlessioScandurra, coordinatore dell’Osservatorio
sulle carceri europee, intervistato da FrancescaSabatinelli:
R. – La situazione
delle carceri, in questo momento, è grave in tutta l’Europa. Per esempio, il sovraffollamento
è molto alto. Se poi si guardano singoli aspetti delle carceri europee, si scopre
che ci sono situazioni assai più gravi della nostra. Penso al numero di morti nelle
carceri portoghesi o alla percentuale di stranieri nelle carceri greche, che sono
oramai quasi esclusivamente un rifugio per stranieri. Diciamo che singoli aspetti
e criticità variano molto. La situazione complessiva è una situazione molto seria.
Sembra di vedere una disattenzione da parte dell’Europa verso i diritti umani dei
detenuti in Europa.
D. - Per voi è importante mettere a confronto le varie
situazioni di questi Paesi, ad esempio, anche per mostrare all’Italia eventuali esempi
virtuosi: ce ne sono?
R. – Così come in Italia ci sono esempi virtuosi a livello
di singole esperienze, in istituti, ancora di più si può immaginare che ve ne siano
in giro per l’Europa, dal punto di vista delle legislazioni, dal punto di vista delle
modalità organizzative dei singoli istituti. Ci sono esperienze molto interessanti
di modalità di gestione interna degli istituti per cui, senza aver bisogno di risorse,
senza aver bisogno di spazi in più, si riesce ad aumentare la vivibilità e ciò che
è normale in alcuni posti può essere una esperienza nuova ed interessante per altri.
Un altro tema su cui l’Italia è molto indietro, e questa potrebbe essere un’occasione
per imparare alcune cose, è il tema dell’affettività, dei colloqui con i familiari.
Da noi la formula è ancora molto ingessata. In tanti istituti italiani c’ è ancora
il bancone divisorio che separa la famiglia, mentre nella maggior parte dei Paesi
europei è possibile avere colloqui intimi con il proprio coniuge. Quindi, probabilmente,
l’Italia farà bene a guardare cosa accade altrove nei prossimi anni.
D. – Cos’altro
avete messo in luce, analizzando questi otto Paesi?
R. - Lo scarso ricorso
alle misure alternative. E’ un problema dell’Italia ed è un problema, non di tutti
i Paesi partner di questo progetto, ma di molti.
D. – Emerge un punto forte
del sistema detentivo in Italia, cioè quello che riguarda i minori…
R. - Il
sistema detentivo minorile in Italia è un sistema, soprattutto un quadro normativo,
che suscita un grande interesse da parte degli altri Paesi. E’ un modello che, in
qualche modo, gli altri Paesi hanno provato ad importare perché riesce realmente a
fare del carcere l’extrema ratio, come dice la Costituzione, e come dovrebbe essere.
Quindi, ogni qual volta è possibile di fronte al reato trovare una soluzione alternativa
alla detenzione, il sistema della giustizia minorile è abbastanza bravo. Rimane un
piccolo numero di ragazzi detenuti in Italia, che è stabile da tempo e che riguarda
soprattutto minori stranieri o minori che provengono dalle periferie delle grandi
città del meridione. La composizione sociale, infatti, ormai è un po’ sclerotizzata
e abbiamo difficoltà a trovare alternative per un gruppo sempre più piccolo di ragazzi,
per i quali bisogna cominciare a cercare soluzioni nuove.
D. – Voi presenterete
ogni anno un rapporto sulla situazione di questi Paesi, potrebbero aumentare o rimarranno
solo in otto?
R. - Io direi che per quest’anno resteranno sicuramente questi
otto, a meno di non voler includere in un rapporto finale alcune esperienze particolari.
Per esempio, nei disegni di legge di iniziativa popolare, che sono stati proposti
da Antigone in questi giorni, c’è la proposta del numero chiuso, delle liste di attesa
per entrare in carcere, ossia: la pena detentiva va in esecuzione quando il carcere
è in grado di garantire una condizione dignitosa a quella persona, fino a quel momento
la pena decorre come detenzione domiciliare. Questa è una formula da anni utilizzata,
per esempio, in Norvegia. Sarebbe utile che un rapporto annuale di questo Osservatorio
riuscisse a dare conto di un’esperienza così importante. Nel futuro vorremmo allargare
l’Osservatorio anche ad altri Paesi.
D. – Per il momento questi rapporti annuali
che valenza avranno a livello europeo, a chi li presenterete, e cosa vi aspettate?
R.
– Quello che crediamo sia importante è anzitutto dare la percezione alle opinioni
pubbliche europee che questa deve essere, in questo momento, una priorità per l’Europa.
Io credo che ogni Paese si senta un po’ solo in questo momento. C’è una scarsa attenzione
della politica ma forse anche una scarsa attenzione della politica europea. Se le
opinioni pubbliche europee fossero capaci, insieme, di chiedere attenzione anche alla
politica europea probabilmente sarebbe possibile fare passi in avanti.