Il Papa: non banalizzare il mondo dei giovani. La Chiesa ha grande fiducia in loro
Non esiste una “cultura giovanile” univoca, ma una realtà molto articolata che la
Chiesa vuole conoscere meglio, perché nutre “fiducia nei giovani” e ha “bisogno della
loro vitalità”. È, in sintesi, il pensiero che Benedetto XVI ha espresso ieri mattina
ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura, ricevuti in
udienza. Il Papa invita a non guardare al mondo giovanile con i consueti luoghi comuni.
Il servizio di Alessandro De Carolis:
Non vivono in
un “universo”, che per quanto vasto è decifrabile. I giovani di oggi abitano un “multiverso”,
cioè uno spazio, ma anche un tempo, nei quali coesistono una “pluralità di visioni,
di prospettive e di strategie”. Parte da qui l’analisi di Benedetto XVI sulle “culture
giovanili emergenti”, alle quali il cardinale Gianfranco Ravasi ha voluto dedicare
la plenaria del Pontificio Consiglio della Cultura. Della dimensione “complessa e
articolata” del cosmo giovanile e dei suoi linguaggi – velocissimi, nota il Papa,
grazie soprattutto all’influenza e al rapido sviluppo dei social media – la
Chiesa vuole capirne gli aspetti positivi e quelli negativi. Questi ultimi, ha rilevato
il Papa, riguardano le fragilità psicoaffettive dei ragazzi, le loro difficoltà di
inserimento sociale, che sfociano in una emarginazione, anzi quasi in una “invisibilità”
a livello storico e culturale, e purtroppo nelle scorciatoie delle droghe, in devianze
e violenze:
“La sfera affettiva ed emotiva, l’ambito dei sentimenti, come
quello della corporeità, sono fortemente interessati da questo clima e dalla temperie
culturale che ne consegue, espressa, ad esempio, da fenomeni apparentemente contraddittori,
come la spettacolarizzazione della vita intima e personale e la chiusura individualistica
e narcisistica sui propri bisogni ed interessi. Anche la dimensione religiosa, l’esperienza
di fede e l’appartenenza alla Chiesa sono spesso vissute in una prospettiva privatistica
ed emotiva".
Per contro, è consolante per Benedetto XVI constatare gli
“slanci generosi e coraggiosi di tanti giovani volontari” e le “esperienze di fede
profonda e sincera di tanti ragazzi e ragazze”. E non vanno tralasciati, osserva il
Papa, gli sviluppi che arrivano dai giovani del cosiddetto “Terzo mondo”:
“Ci
rendiamo conto che essi rappresentano, con le loro culture e con i loro bisogni, una
sfida alla società del consumismo globalizzato, alla cultura dei privilegi consolidati,
di cui beneficia una ristretta cerchia della popolazione del mondo occidentale. Le
culture giovanili, di conseguenza, diventano 'emergenti' anche nel senso che manifestano
un bisogno profondo, una richiesta di aiuto o addirittura una 'provocazione', che
non può essere ignorata o trascurata, sia dalla società civile sia dalla Comunità
ecclesiale”.
Pur nella consapevolezza "delle tante situazioni problematiche,
che toccano anche l’ambito della fede e dell’appartenenza alla Chiesa”, Benedetto
XVI ha concluso il suo discorso abbracciando idealmente con affetto e con stima i
giovani del mondo:
“La Chiesa ha fiducia nei giovani, spera in essi e nelle
loro energie, ha bisogno di loro e della loro vitalità, per continuare a vivere con
rinnovato slancio la missione affidatale da Cristo. Auspico vivamente, dunque, che
l’Anno della fede sia, anche per le giovani generazioni, un’occasione
preziosa per ritrovare e rafforzare l’amicizia con Cristo, da cui far scaturire la
gioia e l’entusiasmo per trasformare profondamente le culture e le società”.