Gravi scontri in Tunisia dopo l'uccisione del leader dell'opposizione Belaid
Solo due anni fa la Tunisia iniziava una nuova fase della sua storia con la rivoluzione
dei gelsomini, ieri il Paese è precipitato nel caos. Ad infiammare le piazze l’uccisione
del leader dell’opposizione Belaid, avvocato di 48 anni. Un agente è morto negli scontri
a Tunisi. Pesanti ombre si allungano sul partito di maggioranza Ennahda mentre il
premier Jebali ha annunciato la nascita di un nuovo governo tecnico di unità nazionale.
Il servizio di Marina Calculli:
Freddato da
quattro colpi di arma da fuoco, mentre usciva dal portone di casa: così è morto ieri
Chokri Belaid, leader del Fronte Popolare, una coalizione di partiti liberali e progressisti
diventata nell’arco degli ultimi mesi la terza forza politica del paese. Una minaccia
forse per gli islamisti o per chi vuole una Tunisia dominata dalla Chari’a. Subito
dopo l’attentato, però, avenue Bourgiba e le altre strade di Tunisi si sono riempite
di migliaia di manifestanti. Molti hanno accusato direttamente Ennahda, il partito
di governo, che si ispira ai Fratelli Musulmani. A Beja ci sono stati scontri violenti
tra sostenitori e oppositori del partito. Il premier Jebali ha subito condannato l’assassinio,
dicendo che si è trattato di un attentato non solo contro Belaid ma contro tutta la
Tunisia. Jebali ha poi annunciato lo scioglimento del governo e la formazione di un
nuovo governo di tecnici con “competenze nazionali” che “non si presenteranno alle
prossime elezioni”. Oggi, intanto, è previsto un grandissimo sciopero generale mentre
sullo sfondo dell’impasse politica la borsa di Tunisia crolla a picco, cancellando
tutti i guadagni dall’inizio del 2013.
Domani pomeriggio sono in programma
i funerali di Belaid. La salma sarà inumata dopo la preghiera del venerdì. Crescono
timori per la situazione che potrebbe precipitare, su quanto sta accadendo in Tunisia
Benedetta Capelli ha intervistato Chiara Zappa, giornalista di "Missionline",
da poco rientrata da Tunisi:
R. – E’ stato
un omicidio shock, nel senso che nessuno si aspettava veramente un’escalation di questo
tipo. Il Paese è in un momento di fortissima difficoltà da tanti punti di vista: sia
per la crisi economica molto forte, che attanaglia la Tunisia e che non è stata assolutamente
affrontata in modo adeguato dal governo – il popolo è molto arrabbiato e deluso –
sia dal punto di vista sociale. Il Paese è fortemente diviso a metà, si è creata una
frattura molto forte tra laici e un’altra parte di popolazione che si considera in
qualche modo depositaria della tradizione islamica, anche invasiva nella vita privata.
Il problema emerso – me lo diceva anche la tunisina Lina Ben Mhenni, attivista e protagonista
dell’inizio della "primavera araba" con il suo blog “Tunisian girl” – è che il governo,
a maggioranza islamica, non fa che fomentare queste divisioni tra una parte del popolo
e tutti quelli che si definiscono laici, che cercano di portare avanti alcune istanze
e che vengono invece fatti passare per “non buoni” musulmani. Inoltre, vengono fatti
passare per conservatori, ovvero ancora vicini a ciò che era il passato, quindi alla
corruzione di Ben Ali… Questa polarizzazione forte e violenta all’interno del Paese
ha dato origine in questi mesi a molti episodi di violenza da parte di gruppi legati
ai salafiti, ma anche alle milizie create dal partito di Ennahda che vengono poi fatte
passare come garanti della rivoluzione.
D. – Adesso quali scenari si possono
prospettare?
R. – Gli scenari che a questo punto si prospettano sono veramente
gravi, nel senso che è cambiato qualcosa in questi giorni. Il governo si poneva un
po’ come baluardo contro la corruzione e proprio in questi giorni c’è stato lo scandalo
del ministro degli Esteri di Ennada che è stato coinvolto in un caso di corruzione
molto grave. Quindi, questa cosa è uscita allo scoperto e, secondo me, ha messo veramente
in difficoltà il suo partito. A questo punto – dopo questa uccisione – lo spettro
della violenza civile oggi aleggia davvero. È stato fatto un passo in più, uno "strappo"
per portare alle estreme conseguenze questa empasse.
D. – A due anni di distanza,
che bilancio si può fare nel Paese tunisino? Quali sono i pro e quali invece i contro
della rivoluzione?
R. – Il bilancio di questi due anni è come sempre positivo.
Positivo soprattutto il tentativo di cambiamento, perché ci si è liberati davvero
da una dittatura. Quello che è venuto dopo, però, ovvero le tensioni interne, per
ora hanno prevalso. Per quanto riguarda l’economia, il governo della Tunisia non è
stato in grado di trovare delle soluzioni “strutturali” e a questo si aggiunge il
fatto che il Paese è percepito dall’esterno come instabile e infatti una voce importante
del bilancio tunisino – quella del turismo – è andata in crisi. Fa tutto parte, come
dicono i critici, dell’incapacità di gestire la transizione perché è stato lasciato
troppo spazio – l’impressione è questa – a questi gruppi di salafiti che non sono
al governo. Ma i critici dicono che c’è una connivenza da parte dei partiti islamici
moderati al governo e i gruppi di salafiti che hanno attaccato, per esempio, resort
turistici. Quindi, è tutto un circolo vizioso e, secondo me, il bilancio della rivoluzione
è chiaramente positivo nel senso del cambiamento e nel fare passi in avanti, ma è
chiaro che oggi questi passi in avanti non saranno gratis.