2013-02-05 08:03:18

Siria: l’opposizione apre al dialogo, ma solo con il vice di Assad


Il capo dell’opposizione al Khatib apre al dialogo, ma non con Assad. L’attenzione del leader in esilio è tutta rivolta al vice-presidente Faruq al Sharaa. Intanto si continua a morire: in un raid aereo vicino Damasco uccisi 6 bambini. Il servizio è di Marina Calculli: RealAudioMP3
Farouk al-Sharaa personaggio controverso - circa un anno fa dato addirittura per disertore, ma poi riapparso tra le fila dei fedelissimi di Assad - è l’unico uomo del regime ad aver criticato apertamente le scelte di Bashar. Al-Khatib ha lanciato un appello al governo, perché si metta fine al bagno di sangue che dura ormai da due anni e che ha provocato oltre 60 mila morti secondo l’Onu. Sul terreno intanto diversi raid vicino Damasco, hanno provocato una nuova strage: sette civili, tra cui sei bambini, sono stati uccisi a Shifunia - nell’area di Duma - secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani. In altre aree, attorno alla capitale, i combattimenti continuano, mentre i caccia fanno piovere bombe a raffica sulla città di Talbisse - nella provincia di Homs - una delle roccaforti storiche dei ribelli. Intanto, il regime riapre le polemiche su Israele. Ieri, i ribelli hanno mostrato l’immagine dell’abbattimento di un Mig rivendicando l’operazione; secondo il regime dietro però c’è la mano di Tel Aviv.

E intanto continuano provocare polemiche i due raid israeliani della scorsa settimana in territorio siriano. Secondo il ministro della Difesa di Damasco – come abbiamo sentito – sarebbero stati condotti in collaborazione con i ribelli. Durissima la presa di posizione del premier turco Erdogan che, nonostante la sua avversità nei confronti del regime siriano, ha accusato Israele di ''terrorismo di Stato'' e di una ''violazione inaccettabile del diritto internazionale''. Salvatore Sabatino ne ha parlato con il giornalista turco Dundar Kesapli: RealAudioMP3

R. - Da un bel po' di tempo, dopo quello che è successo nel mar di Marmara, i rapporti tra Israele e Turchia si sono raffreddati. Fino a questo momento la posizione di Erdogan nei riguardi di Israele non è cambiata e, nonostante l’attuale situazione di crisi con la Siria, il governo turco non accetta iniziative contro i cittadini siriani. Questo perchè la Turchia sta raccogliendo molti rifugiati all’interno del territorio turco.
D. - La Turchia vuole mantenere il proprio ruolo guida nell’area, soprattutto per quanto riguarda i Paesi della "Primavera araba". Ci riuscirà, essendo, tra l’altro, un Paese non arabo?
R. – Non è importante questo, perché la Turchia è un Paese musulmano e non è importante che sia arabo. Sappiamo bene, infatti, che molti Paesi arabi vedono il governo turco come un ponte importante per molti aspetti. Tutti i leader hanno un ottimo rapporto con Erdogan e quindi vuol dire che il governo turco sta tenendo un ritmo giusto, un rapporto giusto, con questi Paesi. Perciò, non vedo ostacoli al momento.
D. – Molto attesa è la visita del presidente turco Gul al Cairo. Turchia ed Egitto sono i due grandi Paesi dell’area. Che rapporti ci sono attualmente?
R. – Fino ad adesso c’è stato un ottimo rapporto. Ricordiamo anche che Erdogan ha fatto visita alcuni mesi fa in Egitto. E’ un rapporto fondamentale perché la Turchia sta seguendo tutto ciò che succede in Egitto. Ci sono sempre stati ottimi rapporti anche a livello commerciale; la Turchia sta fornendo molti materiali industriali, tecnologici, per la costruzione di strade… Durante questa visita si parlerà dell’attuale situazione che sta vivendo l’Egitto, del rapporto bilaterale e di quello che succede in Siria, oltre che del rapporto con Israele.


E proprio in Egitto il ministro della Cultura Mohamed saber Arab ha presentato le sue dimissioni come forma di protesta contro le violenze dei giorni scorsi a Il Cairo. Ad imbarazzare il membro dell’esecutivo il video del manifestante inerme picchiato dalla polizia. Il premier Qandil sta tentando di fare rientrare la sua decisione; le possibili dimissioni potrebbero mettere, infatti, a repentaglio la tenuta dell’intero governo.








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