Internet Safer Day: dai rischi di cyberwar ai danni del cyberbullismo
“Responsabilità e diritti nella rete”: è il tema scelto per l’Internet Safer Day
2013, la Giornata dedicata alla sicurezza su Internet indetta ieri dalla Commissione
Europea. Nella sua prima edizione, nel 2004, la Giornata ha coinvolto 14 nazioni,
quest'anno viene celebrata in 90 Paesi. Diversi gli aspetti da considerare parlando
di sicurezza e web. Innanzitutto ci sono da considerare i rischi della cyberwar. Fausta
Speranza ne ha parlato con il prof.Marco Lombardi, docente di politiche
della sicurezza all’Università Sacro Cuore di Milano:
R. – E’ un rischio
concretissimo, ormai, specialmente negli ultimi dieci anni. La prima conseguenza della
globalizzazione, intesa come rete d’interdipendenze, è stata di spostare quella che
possiamo ormai chiamare una vera e propria guerra nel mondo virtuale, quindi nel mondo
della Rete. Siamo, infatti, in un contesto di guerra guerreggiata quotidiano. Quando
parliamo di “cyber attack” vediamo la criminalità organizzata che ci attacca evidentemente
su questo piano, vediamo che ci sono più o meno sconsiderati “lone worker”, personaggi
che lavorano da soli come gli hacker, e ormai - ed è anche di questi giorni – vediamo
che ci sono Paesi, nazioni, che attaccano altre nazioni sul piano virtuale. Si parla
ormai di “cyber warfare”, strategie, comportamenti, tecnologie, che insieme lavorano
per una nuova guerra, in un modo al quale ancora non siamo abituati.
D. – Possiamo
dire che la dimensione virtuale del web stia cambiando anche gli equilibri geopolitici?
R.
– Assolutamente sì e dobbiamo cominciare a pensare la geopolitica intesa come una
politica correlata ad un altro spazio: ormai lo spazio non è più quello della geografia
fisica, ma quello della geografia virtuale. Quindi, quando noi parliamo di geopolitica
oggi, dobbiamo incorporare la nuova geografia, che è stata delineata dal web. In questo
senso, allora, comprendiamo questo “cyber warfare”, questa guerra che si sta sviluppando
tra Paesi sulle corde della Rete.
D. – Sembra che l’Occidente, in qualche modo,
possa essere più esposto, perché ha affidato nuclei nevralgici, come l’energia, la
sicurezza e così via, alla digitalizzazione, mentre altri Paesi – per esempio l’Iran
– sono esperti in materia, ma non hanno affidato così tanto i nuclei nevralgici al
sistema digitale. E’ vero?
R. – Non so se sia esattamente questo. Ormai, infatti,
tutte le strutture critiche, necessariamente, in qualunque parte del mondo, più sono
evolute, più devono affidarsi al controllo digitale e alla messa in rete delle medesime
risorse. Secondo me, l’Occidente ha più un atteggiamento passivo nei confronti del
“cyber warfare”, nel senso che è poco attivo, o meglio poco proattivo. La guerra cyber
non si può vincere semplicemente continuando a installare nuove forme di difesa passiva.
Ogni volta che noi facciamo uno scudo, costruiamo un nuovo scudo, è solo questione
di tempo, perché questo venga perforato. Secondo me, l’Occidente, l’Europa, sta pagando
di più questa situazione difensiva nel “cyber warfare”, mentre i Paesi che abbiamo
citato - dalla Cina all’Iran ad altri Paesi del Medio Oriente – hanno un’attitudine
molto più offensiva. Insomma, si è chiamati a fare la guerra digitale non soltanto
aspettando di parare il colpo.
Save the children denuncia in particolare il
cyberbullismo tra giovani. Fausta Speranza ne ha parlato con Raffaela Milano
responsabile dei programmi per l’Italia dell’organizzazione:
R. – C’è un’altissima
percentuale di ragazzi – l’83 per cento – giovanissimi e adolescenti, che valuta proprio
il bullismo virtuale come un dolore, qualcosa che colpisce profondamente la loro crescita,
molto di più rispetto a quello che può succedere nella vita reale. L’uso di Internet
amplifica e rende ancora più duro un comportamento ostile o aggressivo da parte dei
propri coetanei.
D. – Cosa emerge dalla ricerca? Questo avviene perché dietro
all’online ci si trincera e quindi è più facile lanciare attacchi?
R. – Sì,
fondamentalmente è questo: c’è sia più tempo – questi attacchi possono avvenire in
qualsiasi ora del giorno e della notte - ma soprattutto il velo di Internet rende
i rapporti tra ragazzi più opachi e quindi c’è più facilità di rendersi invisibili
in qualche modo, rispetto all’esterno. E’ da rilevare anche il fatto che questa minaccia
riguarda tantissimi comportamenti. Un ragazzo può essere colpito per l’aspetto estetico,
e questo lo notano soprattutto le ragazze - il 77 per cento di esse, infatti, tra
i 12 e i 14 anni, è colpito da questo tipo di rischio - la timidezza, l’orientamento
sessuale, il fatto di essere di origine straniera e così via. Ogni comportamento,
che viene vissuto come diverso, può essere davvero oggetto di attacco da parte dei
coetanei. Questo, tramite, Internet, diventa più facile.
D. – Emerge la consapevolezza
ma non sembra che i ragazzi prendano tutele...
R. – No, dalla ricerca emerge
in qualche caso, un rapporto importante con i genitori, però certamente percepiscono
il rischio e dobbiamo fare in modo, noi tutti – la scuola, le famiglie, le organizzazioni
come "Save the Children" ed altri – di rendere i ragazzi più accorti circa le tutele
che possono essere assunte nella comunicazione via Internet. Al di là di altre forme
di protezione, che ci possono essere da parte delle aziende, che noi sempre invochiamo,
sappiamo però che la componente principale è rendere i ragazzi più forti nel loro
rapporto con le nuove vie della comunicazione digitale. Essere, quindi, maturi nel
rapporto con i nuovi media e soprattutto capire che quello che succede nel mondo virtuale
ha delle conseguenze nel mondo reale e che non sono due mondi staccati, anzi si tratta
di un modo più pervasivo e più invadente rispetto alla propria identità.