2013-02-04 09:20:21

Assad contro Israele: ci vuole destabilizzare. Da Tel Aviv implicita ammissione sui raid in territorio siriano


Assad tuona contro Israele: tenta di destabilizzare il regime. Il riferimento è al doppio raid aereo dei giorni scorsi in territorio siriano, mentre la Turchia, pur essendo il nemico numero uno del regime di Damasco, accusa lo Stato ebraico di „terrorismo“ internazionale. Intanto Russia e Iran, i due principali sponsor internazionali del presidente Bashar al Assad, hanno nelle ultime 24 ore incontrato per la prima volta il leader dell'opposizione siriana al Khatib. Il servizio è di Salvatore Sabatino: RealAudioMP3

E’ una vera e propria guerra di parole quella che si sta combattendo tra Siria e Israele. Da una parte Assad che accusa lo Stato ebraico di voler destabilizzare il suo Paese, dall’altra il ministro della difesa israeliano Barak che alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco sottolinea che non dovrebbe essere consentito trasferire in Libano armi sofisticate“. Il riferimento, che vale come ammissione molto implicita, è al duplice raid dell’aviazione con la stella di David in territorio siriano; attacchi che hanno fatto crescere il livello di allarme su una possibile regionalizzazione del conflitto. E le parole del premier turco Erdogan non aiutano a far calare la tensione; da Ankara accusa Israele di aver fatto ''terrorismo di Stato'', e parla di una ''violazione inaccettabile del diritto internazionale''. Sul fronte diplomatico, invece, Damasco sembra perdere l’appoggio completo ed incondizionato dei due suoi maggiori sponsor. La dimostra arriva sempre da Monaco, dove i ministri degli Esteri di Russia e Iran, Lavrov e Salehi, nelle ultime 24 ore incontrato, e per la prima volta in assoluto, il leader dell'opposizione siriana in esilio Al Khatib. Sul terreno, invece, proseguono le violenze: almeno 95 persone hanno perso la vita solo ieri: di queste, circa una trentina sono morte ad Aleppo nel crollo di una palazzina colpita da bombe dell'aviazione governativa. Tra le vittime ci sarebbero sette bambini e numerose donne.

E intanto è sempre più grave l’emergenza umanitaria, soprattutto nei numerosi i campi profughi improvvisati, dove si rifugiano gli sfollati che non trovano posto nelle strutture di accoglienza ufficiali. Giancarlo La Vella ha raccolto la testimonianza della giornalista Susan Dabbous, che si trova al confine tra Siria e Turchia: RealAudioMP3
R. – In particolare, ho visto che c’era una situazione drammatica nella cittadina di Atme, pochi chilometri dal confine turco, dove è nata una baraccopoli di oltre 20 mila profughi, che vivono in condizioni disumane. Alloggiano in tende da campeggio, dato che non ci sono tende adeguate, come invece nei campi profughi turchi, che ormai però hanno esaurito la capacità di accoglienza.

D. – C’è una esperienza ancora più drammatica, che è quella delle persone che si sono rifugiate all’interno di alcune grotte, addirittura …

R. – Sì: questo accade nella località di Darkush. Queste grotte si trovano a 3-5 metri di altezza dalla strada; quindi a volte, i bambini, giocando, finiscono di sotto e si feriscono, si fratturano anche in maniera grave. Poi, immaginate una vita senza acqua, senza elettricità, senza assolutamente nulla! E queste persone non hanno nessuna possibilità di essere raggiunte dalle organizzazioni umanitarie.

D. – Questo vuol dire che la macchina degli aiuti ha a sua volta difficoltà a raggiungere tutte le persone che hanno bisogno di beni di prima necessità?

R. – Sì! Ci sono difficoltà enormi, perché se escludiamo i campi profughi in Turchia, dove c’è la macchina organizzativa di Ankara che funziona piuttosto bene, il problema più grave rimangono i profughi interni alla Siria, e lì la cosa viene gestita da una galassia di organizzazioni siriane, di siriani all’estero o arabi in generale, senza nessun coordinamento. Le cose principali che arrivano ai profughi in questo momento sono cibo, poche medicine generiche, alcuni medici volontari, ma niente di più. Dall’altro lato, però, non è colpa soltanto della disorganizzazione: tutto ciò che arriva, arriva soltanto a ridosso del confine turco e non riesce ad andare più all'interno del territorio siriano, mentre sappiamo che, ad esempio, i civili di Aleppo, che è una città estremamente popolosa, vivono in condizioni ancora peggiori, perché molti non hanno neanche il pane. Ho notato più disperazione rispetto ai miei viaggi precedenti. Se prima c’era sempre la speranza di tornare a casa, adesso c’è la consapevolezza che questo conflitto sarà lungo e che loro continueranno a vivere nella miseria. Molte delle loro case sono distrutte; molti di questi profughi vivono in località tuttora bombardate quotidianamente.







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