Tutti i lunedì di febbraio, a partire dal 4, alle 16.30 sul primo canale e alle 21
sul quinto (con replica notturna alle 4 di martedì) andrà in onda il ciclo Volate
nel mio cor strali d’amore. Viaggio nella cantata romana del Seicento a cura di Tiziana
Affortunato. Quando si pensa al Seicento in musica, l’immaginazione corre subito a
ricreare lo stupore della creazione di quella meravigliosa macchina capace di unire
in un’unica espressione artistica: gesto, voce, dramma. L’opera musicale, quella magia
tipicamente italiana che tutt’oggi si rinnova costantemente, nasce proprio agli albori
del XVII secolo, assurgendo nel tempo – in epoche ancora ignare di terapie psicanalitiche
- a riflesso e risoluzione delle umane passioni. E prima ancora di ogni rivoluzione
politica, è stata l’opera in musica a compiere il più alto atto di democrazia, portando
a teatro un’umanità che lì, dinanzi l’altare di Dioniso, non conosceva distinzioni
di ceto, inutili davanti la rappresentazione di comuni vizi e virtù. Ma nel Seicento
fu un altro genere musicale a non avere paragoni in termini di diffusione e di popolarità:
la cantata da camera. Paradossalmente, è questo il genere oggi meno conosciuto ed
eseguito. Gli ingredienti sono gli stessi di quelli dell’opera in musica: arie e recitativi,
momenti lirici alternati ad altri narrativi, solo la dimensione rappresentativa manca.
O meglio: si realizza a un livello virtuale, più raffinato perché immaginato dall’ascoltatore.
Un teatro dell’immaginario a cui però non tutti potevano accedere: il pubblico della
cantata è quello elitario, colto e raffinato che popola le corti cardinalizie e principesche.
Il viaggio dell’ascolto e dell’immaginazione a cui vi accompagnerò parte dalle origini
del genere, in quella Firenze che negli stessi anni vedeva nascere la più vistosa
magia operistica, per condurci poi a Roma, la città dalle mille corti dove la cantata
diviene, da parte di musicisti e poeti, uno dei mezzi di lusinga del potere. E a Roma
a metà Seicento il genere, inteso come composizione a voce sola, avrebbe conosciuto
le vette più alte, e assunto le più varie denominazioni. Nelle puntate di questo primo
dei due cicli dedicati alla cantata da camera, scopriremo alcune tra le più belle
espressioni musicali dell’amore, tematica prevalente con le sue mille gradazioni dall’estasi
al tormento più cupo, del dolore e dell’ironia. Ma attenzione: in un’epoca in cui
la bugia è arte e la dissimulazione della verità esercizio cortigiano, l’ascoltatore
è invitato a guardare oltre la cortina superficiale di velluto damascato, a leggere
al di là dei versi apparentemente semplici e dozzinali. La cultura barocca, simile
a un Giano bifronte, rivela nella cantata da camera e nelle sue varie estrinsecazioni
formali – l’aria strofica, il recitativo, il lamento, la serenata, per citare solo
quelle che incontreremo in queste puntate – e ancora oggi ci spiega l’equivalenza
degli opposti, il bello e il brutto, il dolore e l’ironia, l’amore e l’odio, semplici
esiti di nostre categorie mentali. Scopriamoli insieme.