2013-02-02 14:17:01

Gesto, voce e dramma: il Seicento musicale


Tutti i lunedì di febbraio, a partire dal 4, alle 16.30 sul primo canale e alle 21 sul quinto (con replica notturna alle 4 di martedì) andrà in onda il ciclo Volate nel mio cor strali d’amore. Viaggio nella cantata romana del Seicento a cura di Tiziana Affortunato. Quando si pensa al Seicento in musica, l’immaginazione corre subito a ricreare lo stupore della creazione di quella meravigliosa macchina capace di unire in un’unica espressione artistica: gesto, voce, dramma. L’opera musicale, quella magia tipicamente italiana che tutt’oggi si rinnova costantemente, nasce proprio agli albori del XVII secolo, assurgendo nel tempo – in epoche ancora ignare di terapie psicanalitiche - a riflesso e risoluzione delle umane passioni. E prima ancora di ogni rivoluzione politica, è stata l’opera in musica a compiere il più alto atto di democrazia, portando a teatro un’umanità che lì, dinanzi l’altare di Dioniso, non conosceva distinzioni di ceto, inutili davanti la rappresentazione di comuni vizi e virtù. Ma nel Seicento fu un altro genere musicale a non avere paragoni in termini di diffusione e di popolarità: la cantata da camera. Paradossalmente, è questo il genere oggi meno conosciuto ed eseguito. Gli ingredienti sono gli stessi di quelli dell’opera in musica: arie e recitativi, momenti lirici alternati ad altri narrativi, solo la dimensione rappresentativa manca. O meglio: si realizza a un livello virtuale, più raffinato perché immaginato dall’ascoltatore. Un teatro dell’immaginario a cui però non tutti potevano accedere: il pubblico della cantata è quello elitario, colto e raffinato che popola le corti cardinalizie e principesche. Il viaggio dell’ascolto e dell’immaginazione a cui vi accompagnerò parte dalle origini del genere, in quella Firenze che negli stessi anni vedeva nascere la più vistosa magia operistica, per condurci poi a Roma, la città dalle mille corti dove la cantata diviene, da parte di musicisti e poeti, uno dei mezzi di lusinga del potere. E a Roma a metà Seicento il genere, inteso come composizione a voce sola, avrebbe conosciuto le vette più alte, e assunto le più varie denominazioni. Nelle puntate di questo primo dei due cicli dedicati alla cantata da camera, scopriremo alcune tra le più belle espressioni musicali dell’amore, tematica prevalente con le sue mille gradazioni dall’estasi al tormento più cupo, del dolore e dell’ironia. Ma attenzione: in un’epoca in cui la bugia è arte e la dissimulazione della verità esercizio cortigiano, l’ascoltatore è invitato a guardare oltre la cortina superficiale di velluto damascato, a leggere al di là dei versi apparentemente semplici e dozzinali. La cultura barocca, simile a un Giano bifronte, rivela nella cantata da camera e nelle sue varie estrinsecazioni formali – l’aria strofica, il recitativo, il lamento, la serenata, per citare solo quelle che incontreremo in queste puntate – e ancora oggi ci spiega l’equivalenza degli opposti, il bello e il brutto, il dolore e l’ironia, l’amore e l’odio, semplici esiti di nostre categorie mentali. Scopriamoli insieme.








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