Egitto: aspre polemiche sulle violenze delle forze dell’ordine contro i dimostranti
Il primo ministro egiziano, Hisham Qandil, è stato duramente contestato a piazza Tahrir
al Cairo. Un video che mostra un uomo denudato e malmenato dagli agenti della sicurezza
centrale ha fatto scoppiare le polemiche sulla violenza delle forze dell’ordine. In
diretta tv, il premier ha ammesso che “governo e forze politiche non sono stati capaci
di contenere i giovani”. Il Ministero dell'Interno fa sapere che si sta investigando.
Negli scontri di venerdì scorso tra poliziotti e manifestanti, un uomo è rimasto ucciso
e 50 persone sono rimaste ferite. Nell’intervista di Fausta Speranza, l'opinione
di Lucio Caracciolo, direttore della rivista di geopolitica "Limes", che a
partire dal numero dedicato all’Egitto diventa mensile:
R. – La fotografia
dell’Egitto contiene almeno tre elementi principali. Il primo è la polarizzazione
politica tra i Fratelli musulmani e, in qualche misura, i salafiti, cioè i musulmani
più radicali, e le varie opposizioni che vanno dai comunisti ai nazionalisti, dai
nostalgici di Mubarak ai giovani blogger della prima rivoluzione egiziana. Il secondo
elemento è la drammatica crisi economica e sociale, con molta gente sull’orlo della
fame, mentre il terzo elemento è il ruolo dei militari: ho l’impressione che se le
cose non dovessero cambiare rapidamente, potrebbe esserci un nuovo colpo di Stato.
D.
– Una parola sull’Egitto e l’equilibrio regionale …
R. – L’Egitto è talmente
alle prese con i propri spasimi interni che sembra aver perso una visione regionale.
Di qui, a ricostituire l’antico ruolo-guida dell’Egitto in Medio Oriente ce ne vorrà
ancora molto e non è detto che Morsi o chi per lui ci riesca.
In particolare,
dell’equilibrio tra potere dei Fratelli musulmani e Forze armate e della percezione
della popolazione, Fausta Speranza ha parlato con Bernard Selwan el Khoury,
vicedirettore dell’Osservatorio geopolitico mediorientale:
R. – I Fratelli
musulmani hanno bisogno dell’esercito, ma allo stesso tempo l’esercito ha bisogno
del sostegno dei Fratelli musulmani. Il ruolo “spirituale” che svolge la Fratellanza
musulmana all’interno del tessuto sociale egiziano, e quindi anche all’interno delle
istituzioni militari, è un aspetto che è stato poco dibattuto nella stampa occidentale.
Non dobbiamo dimenticare che all’interno dell’istituzione militare, dagli alti gradi
per arrivare fino alla truppa, ci sono militari che indossano la divisa ma che sono
sensibili a decenni di cultura che la Fratellanza musulmana ha diffuso nella società
egiziana, anche e soprattutto all’interno dell’istituzione militare.
D. –
Dovendo definire il potere dell’esercito in Egitto, in questo momento, che cosa diresti?
R.
– Gioca un ruolo di arbitro e allo stesso tempo di attore principale nel Paese, quindi
è determinante per mantenere l’equilibrio. In primis, la sua forza economica: non
dimentichiamo che l’esercito egiziano possiede – nel vero senso del termine – diverse
aziende e questo conferisce loro ovviamente un potere economico e anche politico e
sociale. Sono in grado se non di controllare, comunque di indirizzare l’economia egiziana:
e tutti sappiamo che quello dell’economia, dell’occupazione, è un aspetto molto, molto
importante soprattutto in un Paese come l’Egitto. Questo potere gli deriva anche dal
fatto di poter usufruire di una mano d’opera a costo zero, in quanto sono gli stessi
militari arruolati nell’esercito i dipendenti di questa azienda. Non è stato detto,
evidentemente, a chiare lettere ma è evidente che esista un accordo di fatto tra il
partito politico della Fratellanza musulmana e l’istituzione militare.
D. –
Parliamo della possibile interazione da parte dell’opposizione: El Baradei, è sembrato
fare importanti aperture ai Fratelli musulmani e, dunque, anche all’esercito…
R.
– Il clima che si respira nel Paese a livello politico è quello, come dire, di una
compartecipazione politica, e in questo non si può escludere sicuramente l’istituzione
militare, e quindi parlare di aperture è corretto. Bisogna dire però che anche a livello
di piazza, di opinione pubblica, soprattutto le fette più giovani dell’opposizione
egiziana vedono una nuova minaccia nell’esercito, e anche nella Fratellanza musulmana.
Curiosamente hanno la stessa visione quando guardano ai Fratelli musulmani e quando
guardano all’esercito. In realtà, a livello di leadership è ovvio che i partiti all’opposizione
non possono non cercare il riavvicinamento con il partito che è al potere, e quindi
con l’istituzione militare. Sarà bene da oggi parlare di un’unica realtà, di un’unica
entità, che è rappresentata da una parte dai Fratelli musulmani, dall’altra dalle
istituzioni militari. Quindi, a livello di leadership è impensabile che una
forza di opposizione – il Fronte di salvezza nazionale riunisce tutti i partiti di
opposizione in Egitto – possa ipotizzare, appunto, di governare il Paese da solo.
Ma questo vale anche per i Fratelli musulmani, vale anche per l’istituzione militare.
Non possono pensare – lo stiamo vedendo in questi giorni, da ciò che sta accadendo
al Cairo e nelle altre principali città egiziane – di governare il Paese senza tener
conto delle opposizioni. Le nuove generazioni, in realtà, ancora vedono nell’esercito
l’ombra del vecchio regime: primo aspetto. Secondo aspetto importante è che hanno
capito e condannano, in realtà, questa alleanza tra Fratellanza musulmana ed esercito,
ed è come se dicessero: la nostra è stata una rivoluzione; la vostra è stata una sorta
di congiura, un colpo di Stato tra Fratellanza ed esercito, per prendere il posto
del vecchio regime di Mubarak.