Messaggio del Papa per la Quaresima: fede senza opere è come albero senza frutti
“Per una sana vita spirituale è necessario rifuggire sia dal fideismo sia dall’attivismo
moralista”. È uno dei passaggi-chiave del Messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima
2013, pubblicato ieri. Il Papa parla dell’“indissolubile intreccio” tra fede e carità
e invita i cristiani a essere, in ogni loro opera caritativa, un riflesso dell’amore
di Cristo per l’uomo. Il servizio di Alessandro De Carolis:
“Abbiamo conosciuto
e creduto l’amore che Dio ha in noi”. Il titolo del Messaggio per la Quaresima esprime
in sintesi la verità che Benedetto XVI ribadisce nel particolare: un cristiano non
ama un suo simile perché è genericamente buono e solidale, ma perché ha sperimentato
in sé l’amore di Cristo ed è questo amore che testimonia agli altri. Il Papa torna
a fare chiarezza sul giusto rapporto tra fede e carità e sulla necessità che nessuna
delle due prevalga sull’altra. La questione era già stata affrontata da San Paolo
e Benedetto XVI la riattualizza. Fede e carità, scrive, sono virtù unite in un “indissolubile
intreccio” ed “è fuorviante” vederle opposte in chiave “dialettica” come accade, nota,
quando “talvolta si tende a circoscrivere il termine ‘carità’ alla solidarietà o al
semplice aiuto umanitario”. Da un lato, obietta, “è limitante l’atteggiamento di chi
mette in modo così forte l’accento sulla priorità e la decisività della fede da sottovalutare
e quasi disprezzare le concrete opere di carità e ridurre questa a generico umanitarismo.
Dall’altro, però, è altrettanto limitante sostenere un’esagerata supremazia della
carità e della sua operosità, pensando che le opere sostituiscano la fede. Per una
sana vita spirituale – afferma il Papa – è necessario rifuggire sia dal fideismo che
dall’attivismo moralista”.
Invece, prosegue il Pontefice, il cristiano, specie
se “operatore di carità”, è una “persona conquistata dall’amore di Cristo” e per questo
motivo “è aperto in modo profondo e concreto all’amore per il prossimo”. Benedetto
XVI usa un’immagine per spiegare la natura di questo modo d’amare. “L’esistenza cristiana
– dice – consiste in un continuo salire il monte dell’incontro con Dio per poi ridiscendere,
portando l'amore e la forza che ne derivano, in modo da servire i nostri fratelli
e sorelle con lo stesso amore di Dio”. Su questa base si comprende meglio come per
un cristiano la “massima opera di carità” sia l’evangelizzazione, cioè “il servizio
della Parola”. Come pure, un cristiano che opera la carità sa che non sono tanto i
suoi sforzi a portare frutto, bensì “l'iniziativa salvifica” che viene “da Dio, dalla
sua Grazia”: e questo, conferma Benedetto XVI, “lungi dal limitare la nostra libertà
e la nostra responsabilità, piuttosto le rende autentiche e le orienta verso le opere
della carità”. In definitiva, conclude il Papa, “una fede senza opere è come un albero
senza frutti”: se la prima “ci fa conoscere la verità di Cristo come Amore incarnato
e crocifisso”, la seconda ci fa “entrare” in quel’amore e spinge al dono totale di
sé.