Guatemala a rischio fame. I vescovi: cambiare modelli di sviluppo
C’è una terribile crisi alimentare di cui è oggi vittima il Guatemala è tale crisi
è un effetto della mancata riforma agraria. A sostenerlo è il collega della Radio
Vaticana, Luis Badilla, esperto di America Latina. In un Paese che è corridoio
fondamentale per i flussi migratori illegali e il traffico di droga, i vescovi criticano
il parlamento guatemalteco per non aver approvato la legge sullo sviluppo rurale –
settore rimasto a un sistema di tipo “feudale” – e chiedono allo Stato di utilizzare
gli investimenti delle multinazionali estere per il bene comune. Le considerazioni
di Luis Badilla nell'intervista di Fabio Colagrande:
R. – I vescovi
tornano sulla questione, la mettono al centro dicendo che occorre cambiare il modello
di sviluppo del Paese, per un modello che sia più equo e nel quale lo Stato dimostri
la sua capacità di usare gli investimenti privati per il bene comune. Qui c’è il nocciolo
di questo documento: nel Paese c’è molta ricchezza, molti investimenti esteri – soprattutto
da parte delle multinazionali europee e statunitensi nel campo dell’agro business
– però, questi investimenti e queste attività economiche, praticamente, entrano e
si portano via tutto. C’è una statistica che dice che, nel caso del Guatemala, per
ogni dollaro che entra come investimento estero, se ne portano via dal Paese 24. Questo
significa che si tratta di un Paese che viene periodicamente, in modo costante, derubato
della sua ricchezza fondamentale che è la terra. Tra l’altro, è in buona parte in
mano ad una classe sociale che vive in condizioni di schiavitù, mi riferisco alla
maggioranza della popolazione guatemalteca che è una popolazione aborigena.
D.
– Che cosa significa che vive in condizioni di schiavitù?
R. – Che deve sottostare
alle regole di un sistema agrario di tipo feudale: come si comportavano con i contadini
nel periodo medioevale. Praticamente, si deve lavorare la terra gratis, in cambio
di una parte del raccolto per sopravvivere: o non prendono stipendio, o prendono uno
stipendio bassissimo e non hanno assistenza medica. Per esempio, l’elenco che fanno
i vescovi in questo documento - per quanto riguarda le emergenze del Paese - è terribile.
I vescovi scrivono e cito testualmente: rischiano costantemente di perdere la vita
e di essere derubati, poi c’è la disoccupazione, soffrire di qualche malattia senza
poterla curare, perdere i figli che hanno preso una brutta strada. C’è una violenza
imperante – aggiungono – che provoca anche una reazione violenta e nel frattempo lo
Stato non si muove. C’è un appello specifico al governo per rinforzare i processi
democratici e togliere ogni sospetto sulla possibilità che diventi un esecutivo militarista
– perché è questo quello che sta succedendo in Guatemala – tra l’altro, il presidente
è un ex generale eletto con il sostegno di una parte della destra anti democratica
del Guatemala. Allora, c’è una preoccupazione che, come risposta a questa crisi, venga
fuori quello che purtroppo storicamente è venuto fuori in Guatemala: il militarismo.