Plenaria dicastero della Cultura dedicata ai giovani. Card. Ravasi: ascoltarli oltre
gli schermi digitali
Le “Culture giovanili emergenti” al centro dell’Assemblea Plenaria annuale del Pontificio
Consiglio della Cultura, che si aprirà a Roma, il pomeriggio del 6 febbraio nell’Aula
Magna dell’Università Lumsa, con una seduta pubblica arricchita da un concerto di
musica rock, per poi proseguire a porte chiuse fino al 9 febbraio. Di buon incentivo
per tutti i partecipanti sarà l’udienza con il Papa all’inizio dei lavori. L’evento,
di ampio respiro internazionale, è stato presentato giovedì in Sala Stampa vaticana
dal cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero promotore. Il servizio di
Roberta Gisotti.
La questione
giovanile, nella società e nella Chiesa. Ascoltare i giovani è “una preziosa opportunità
ed un’esigenza per gli adulti e per le comunità cristiane”: si parte da qui in questa
Assemblea. “La loro lingua è diversa dalla mia” – ha esordito il cardinale Ravasi– “sono nativi digitali” comunicano con twitter, con i segni grafici del cellulare,
“al dialogo fatto di contatti diretti, visivi, olfattivi…” “hanno sostituito il freddo
‘chattare’ virtuale attraverso lo schermo” La logica informatica del save o
delete “regola anche la loro morale che è sbrigativa”. Appaiono come “‘sconnessi’
dall’insopportabile complessità sociale, politica, religiosa che abbiamo creato noi
adulti”. Da qui una serie di domande contradditorie che - ha sottolineato il presdiente
del Pontoficio Consiglio della Cultura - interpellano la coscienza di genitori, maestri,
preti classe dirigente:
“Sono individualisti, eppure seguono le mode di
massa. Sono legati ad un’etica di tipo emozionale, istintiva, eppure hanno un rigore
estremo nell’amicizia. Sono vitali, ma al tempo stesso si bruciano, nel vuoto: pensiamo
alla droga, ma non soltanto. Sono sconnessi con il nostro mondo, con l’esterno della
società, della politica, eppure sono i più connessi in assoluto con la comunicazione.
Loro disprezzano sostanzialmente la cultura paludata, però, dall’altra parte, la musica
è una delle componenti fondamentali, non solo della loro formazione, ma del loro esistere.
Sono si dice pigri, inerti - ci si lamenta - si trascinano, ma sono quelli che pongono
ripetutamente - lo dicono – il fatto che noi, generazione precedente e società li
abbiamo lasciati disoccupati: non ci preoccupiamo e non siamo in grado di trovare
loro un impegno. Sono egocentrici, ma, allo stesso tempo, cosa sarebbe del volontariato,
se non ci fossero i giovani, essendone loro la testimonianza più viva”.
Giovani
che sono il presente e non solo il futuro, ha ricordato il porporato. Su 5 miliardi
di abitanti nei Paesi in via di sviluppo oltre la metà ha meno di 25 anni, l’85 per
cento della gioventù mondiale.
Ricco il programma della Plenaria illustrato
alla stampa da mons.Carlos Alberto Azevedo, delegato del Dicastero
promotore. Dopo l’analisi delle culture giovanili, dei linguaggi e rituali, la proposta
evangelica:
“Bisogna comprendere la fatica e tante volte l’insuccesso delle
prassi ecclesiali, che scava il fossato tra giovani e Chiesa. Anche nella fede c’è
bassa natalità. La generazione degli adulti o non sa come o non ha spazio per curare
la propria fede e generare nella fede”.