2013-01-30 11:18:07

Mozambico: oltre 50 mila persone a rischio per le inondazioni


In seguito alle forti piogge che stanno allagando la zona meridionale del Mozambico, dove già un decennio fa morirono centinaia di persone, le autorità locali hanno previsto l’evacuazione di 50 mila persone. Dall’inizio della stagione delle piogge, lo scorso mese di ottobre - riferisce l'agenzia Fides - sono morte circa 70 persone, e 8 dei principali fiumi del Paese hanno superato la soglia di allerta. Gli sfollati dalle zone a rischio - secondo l'Onu - sono già 150mila. Il Paese sudafricano sta attraversando una delle peggiori inondazioni dopo l’ultima più grave del 2000, che colpì milioni di abitanti e causò la morte di circa 800 persone. Le piogge continuano a riversarsi lungo il bacino del fiume Limpopo, nella provincia meridionale di Gaza, dove vivono le comunità più vulnerabili. L’acqua ha gonfiato anche i fiumi dei Paesi vicini e le autorità locali hanno aperto le chiuse di due dighe per ridurre il pericolo di innalzamento dei livelli. Nella zona costiera del Mozambico confluiscono nove bacini fluviali internazionali che la rendono particolarmente vulnerabile alle inondazioni. Anche se ha smesso di piovere nella maggior parte delle aree, il rischio di inondazioni rimane alto a causa delle acque che continuano ad arrivare dall’entroterra. L’appello alle popolazioni è di abbandonare le case per il pericolo che possano crollare a causa della pioggia incessante. Francesca Sabatinelli ha raggiunto telefonicamente a Maputo, Paolo Felice della Ong Cesvi: RealAudioMP3

R. – L’intera città di Chokwe è stata completamente svuotata della popolazione, perché per diversi giorni è rimasta sott’acqua. Attualmente, nelle zone che abbiamo visitato, vi sono fra le 70 e le 100 mila persone letteralmente accampate all’aria aperta, sotto gli alberi: famiglie intere, bambini, anziani, con praticamente quasi nulla a disposizione. Abbiamo parlato con l’amministratore di Chokwe, il quale ci ha detto che per una popolazione di 70 mila sfollati in quella zona c’erano circa 200 tende a disposizione. Qualcuno ha una zanzariera sotto cui ripararsi, ma in molti casi nemmeno quella. Ovviamente, il problema del cibo è impellente. Al momento, alla popolazione è garantita una sola refezione al giorno, grazie ad aiuti alimentari distribuiti dal Programma alimentare mondiale, oltre che dal governo mozambicano. Considerando, inoltre, il fatto che siamo in piena stagione delle piogge, che continueranno almeno fino alla metà di aprile, le necessità sono anche quelle di avere un rifugio, coperte e medicinali. L’acqua potabile per il momento viene distribuita, ma certo non in abbondanza. Siamo andati a Chowke, ora accessibile in quanto il livello dell’acqua si è abbassato, ma dove la popolazione ancora non può tornare perché la città, come ho detto, è stata inondata per giorni ed è in condizioni assolutamente pietose: senza elettricità, senza acqua corrente con le carogne di animali morti durante l’alluvione ancora per le strade. Quella parte di popolazione che è ritornata sta bevendo l’acqua del fiume, in mancanza di alternative. Abbiamo visto con i nostri occhi bambini bere da bottiglie piene di un’acqua marrone, che ovviamente lascia pensare ci possa essere la possibilità di malattie gastrointestinali nel giro di pochi giorni.

D. – Quindi, ora si sta profilando anche un forte rischio malattie, di epidemie?

R. – Assolutamente. Certo, tutti ci auguriamo che ciò non accada, però bisogna purtroppo tenere in considerazione questa eventualità. C’è un forte rischio sanitario. Consideriamo che parliamo di zone, soprattutto quelle periferiche della città, dove la gente già in precedenza viveva in condizioni abbastanza precarie, infrastrutturali in particolare. Quel poco di igiene pubblica che poteva esserci in precedenza, ovviamente con questa piena è andato perduto e quindi parliamo di zone che in questo momento avranno di certo bisogno della ricostruzione di latrine, di canali di scolo e tutto quel genere d’infrastrutture che già in precedenza erano precarie. Possiamo immaginare in che stato sono ora.

D. – Ci sono dei villaggi – almeno queste sono le informazioni – che sono ancora totalmente isolati. Quindi, il bilancio delle vittime potrebbe aumentare drammaticamente...

R. – Le informazioni sono frammentarie al momento. Noi stessi siamo in una fase di raccolta dati, per cercare di capire quale possa essere la nostra risposta a questa emergenza. Stiamo parlando di un ambiente rurale, dove le comunicazioni, anche stradali, sono già precarie normalmente, figuriamoci in queste condizioni. Le zone più remote vengono raggiunte solo gradualmente, con difficoltà, spesso con barche, a volte con elicotteri, ed è evidente che mano a mano che le zone più remote vengono raggiunte aumenta l’informazione a disposizione e ovviamente aumenta anche il conto delle vittime di queste inondazioni.

D. – Parliamo della gestione della crisi. Le organizzazioni umanitarie, le ong, stanno cercando di intervenire. Come riuscite a lavorare? Quanto riuscite a sostenere? E di cosa c’è bisogno?

R. – Ci sono recenti stime che parlano di un immediato bisogno di aiuti per un valore di 15 milioni di dollari. Ovviamente, in questi casi la disponibilità di fondi è fondamentale, per permettere alle organizzazioni di intervenire. In questa fase, abbiamo avuto le agenzie delle Nazioni Unite che hanno cominciato a mobilitare degli aiuti. Di recente, il governo inglese ha stanziato dei fondi per la prima assistenza a queste popolazioni. Noi stessi siamo in una fase in cui stiamo cercando di raccogliere le informazioni necessarie, per poi presentare la situazione dei bisogni in maniera dettagliata a potenziali donatori, che ci possano poi appoggiare nel dare risposte a questa emergenza.









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