Pechino fa i conti con un inquinamento oltre tutti i limiti: il governo cinese ha
annunciato la chiusura di 103 fabbriche e ritirato dalla circolazione il 30% dei veicoli
governativi per migliorare la qualità dell’aria, che dall’inizio di gennaio ha raggiunto
un livello negativo di 30-45 volte superiore agli standard di sicurezza. Roberta
Gisotti ha intervistato Stefano Vecchia, collega, esperto di questioni
asiatiche:
D. – A che cosa
imputare questa impennata di inquinamento atmosferico? A fatti contingenti o a politiche
industriali miopi in tema di ambiente?
R. – Diciamo che si tratta della concomitanza
di tre fattori. Un fattore ambientale, data la posizione particolare della capitale
Pechino, che è a ridosso delle montagne e quindi l’aria che proviene da oriente tende
a bloccarsi e a creare un ristagno. C'è poi una questione di carattere climatico,
dovuta in parte a mutamenti di questi ultimi anni e da contingenze particolari di
questo periodo invernale. Terzo elemento, che più colpisce, è invece il dato riferito
alla crescita dell’inquinamento per emissioni civili e industriali. Indubbiamente,
in un contesto in cui l’uso del carbone cresce in Cina del 5% l’anno, e in cui le
auto sono aumentate di ben il 60%nello stesso periodo e in maggior parte sono concentrate
nelle metropoli, questo qualche problema lo crea.
D. – Il primo ministro, Wen
Jiabao, ha dichiarato ieri che occorre pianificare lo sviluppo di aree cittadine e
rurali, promuovere il risparmio energetico, ridurre le emissioni e sviluppare l’ecologia.
Solo promesse o ci sono le condizioni politiche per realizzare tutto ciò?
R.
– Le condizioni politiche ci potrebbero essere dopo l’elezione dei nuovi vertici del
Paese a marzo. Quello che è importante è che il potere, il governo, riconosca già
da tempo l’ampiezza di queste problematiche e non nasconda i dati ai cittadini: questo
è già un grande progresso. Evidentemente, agire poi sulle cause sarà comunque molto
difficile, tenendo presente che la Cina è in grande sviluppo e la classe media va
estendendosi e con essa tutte le necessità collegate, come ad esempio l’uso di autoveicoli,
in particolare nelle grandi metropoli. E, poi vi sono le necessità di produzione connesse
con il bisogno di mantenere un livello di crescita molto alto. Sono tutti fattori
concomitanti e il governo punta soprattutto sull’utilizzo di tecnologie nuove, alternative
per la produzione di energia elettrica, ma nello stesso tempo sull’uso di tecnologie
più evolute per abbattere in particolare i livelli delle polveri sottili, che provengono
dagli stabilimenti industriali.
D. – Quale ruolo può svolgere l’opinione pubblica,
maggiormente informata e quindi responsabilizzata?
R. – Può giocare – e lo
sta già facendo – un ruolo molto forte: un ruolo di "guardia" di queste problematiche,
di questi fenomeni, e non solo nell’ambito dell’inquinamento e dell’ecologia. Il governo
sembra sempre più propenso ad ascoltare. Evidentemente, però, a contrastare questa
chiarezza, questa necessità di apertura e anche la necessità di una crescita meno
caotica e con una serie di conseguenze anche pesanti, sta appunto anche il bisogno
di un Paese che deve continuare a crescere almeno al 7-8% l’anno per riuscire a garantire
un livello di benessere per la popolazione equiparabile almeno a quello che sta registrando
negli ultimi anni.