2013-01-30 11:44:11

Al card. Vegliò l'onorificenza "Stella della Romania" al Seminario su "Migrazioni e solidarietà nella fede"


“Sincero apprezzamento per un gesto che, nella mia persona, il governo di Romania rivolge alla Santa Sede e, in particolare, come attestazione di ossequio al Santo Padre”. Lo ha espresso il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, ricevendo l’onorificenza dell’Ordine Nazionale "Stella della Romania" nell’ambito di un Simposio sul tema: "Migrazioni e solidarietà nella fede". A promuoverlo, martedì sera a Roma, l’Ambasciata della Romania presso la Santa Sede in collaborazione con il dicastero vaticano, la Comunità di Sant’Egidio e la Diocesi Ortodossa Romena d’Italia. Oggi, ha detto nel suo intervento il cardinale Vegliò, citando Benedetto XVI, le migrazioni sono una realtà diffusa che, non di rado, “invece di un pellegrinaggio animato dalla fiducia, dalla fede e dalla speranza diventa un «calvario» per la sopravvivenza”. Anche la Romania, ha continuato, “ha dovuto confrontarsi negli ultimi decenni con non pochi problemi migratori. Si stima che oggi circa tre milioni di rumeni lavorino all’estero, in particolare in Spagna, in Italia, in Irlanda e in Germania”. Perché l’immigrazione possa garantire la dignità di ogni persona e rappresentare un itinerario di civiltà, ha affermato il porporato, “chi ha responsabilità di governo è chiamato ad agire sul piano della progettazione, per individuare e realizzare modelli di integrazione e di coesione, aggregando tutte quelle forze sociali, culturali, educative, istituzionali ed ecclesiali che ne hanno competenza”. Ma qual è stato l’andamento dei flussi migratori dei romeni in Italia? Adriana Masotti lo ha chiesto ad Alberto Quattrucci della Comunità di Sant’Egidio: RealAudioMP3

R. - Questo è un fenomeno emigratorio - immigratorio in Italia - dei romeni, che effettivamente si colloca dall’89 in poi, dopo la fine della dittatura di Ceausescu. Quella data ha segnato comunque l’inizio di una nuova Romania, quindi di un’apertura all’estero, all’Europa ed in particolare all’Italia. Devo dire che tra i due Paesi c’è una certa affinità di tipo storico: nel secondo dopoguerra, una delle più grandi immigrazioni in Romania - quindi, al contrario, quella dei popoli stranieri entrati in Romania - è stata proprio quella italiana, soprattutto nella zona della Transilvania. Dagli anni’90 fino al 2000, effettivamente, c’è stata un’emigrazione dalla Romania che è andata crescendo numericamente. Teniamo sempre presente quando parliamo di emigrazione di romeni in Italia, di un fenomeno interessante anche per un altro verso: l’emigrazione dei romeni è un’emigrazione di cristiani e soprattutto di cristiani ortodossi. Si riteneva che in Italia fosse l’islam la seconda appartenenza religiosa dopo quella cristiana cattolica, in realtà è diventata quella del cristianesimo ortodosso, grazie proprio alla presenza molto vasta dei romeni in Italia, tanto da essersi stabilita qui una diocesi ortodossa romena, con mons. Siluan, fatto vescovo nel 2004. Ora, questa storia di immigrazione evidentemente ha presentato dei problemi: soprattutto negli anni ’90 e all’inizio del 2000, per un certo pregiudizio e per una certa idea sui romeni, si legava molto il discorso tra zingari e romeni, rom e romeni, confusione che si fa nella stessa Romania. Poi c’è stato un passaggio, secondo me, abbastanza interessante - quello del gennaio 2007 - quando la Romania è entrata nell’Unione Europea. Questo salto ha permesso un certo sviluppo della Romania, tant’è che abbiamo assistito nel 2007 e nel 2008 ad un ritorno in patria di diversi immigrati romeni, perché ad un certo punto c’era quasi più possibilità di lavoro - soprattutto nella manovalanza e nell’edilizia - in Romania, che in Italia. A questo però ha fatto seguito - per problemi di grossa fragilità politica interna, a fine 2008 inizio 2009 in poi - di nuovo un crollo, una crisi, un indebitamento, per cui la situazione economica del Paese è tornata ad essere profondamente problematica. Solo in questi ultimi tempi c’è un nuovo governo che, in qualche modo, presenta una certa stabilità, ma forse è ancora troppo presto per dirlo. Da un punto di vista di immigrazione dei romeni in Italia, oggi c’è, tutto sommato, una certa stabilità da un punto di vista numerico.

D. - Alla luce di tutto questo, ci sono delle cose che non sono andate bene nella gestione di questi flussi immigratori? E oggi, cosa si può fare di più, anche da parte delle comunità ecclesiali per un rapporto più integrato tra italiani e romeni?

R. - Per la prima domanda, se qualcosa non è stata fatta bene, questo vale per i romeni ma vale anche per tante altre forme di immigrazione. Non dobbiamo mai dimenticare, che comunque qualsiasi tipo di immigrazione è anche una grande chance, una grande risorsa di energie e di lavoro per il Paese che ospita. Questo non va mai dimenticato, perché in fondo si tratta dell’altra faccia della medaglia: l’immigrazione romena in Italia ha garantito e garantisce tutta una serie di lavori, di forza lavoro, di sostegno al Paese Italia, che gli italiani non fanno, dall’edilizia, alle badanti per gli anziani. Quindi, c’è un aspetto positivo e questo è stato gestito poco e male, tante volte con politiche molto provvisorie, non stabili e che invece dovrebbe essere fatto in maniera più costruttiva e stabile. Da un punto di vista ecclesiale, evidentemente questo discorso è importante, proprio per quello che citavo prima: la nascita di questa diocesi ortodossa di Italia, dal 2004 - ma poco più di un anno fa è stata riconosciuta a livello nazionale la personalità giuridica di questa realtà - e si prevede anche una visita del Patriarca di Romania, probabilmente entro quest’anno in Italia, un fatto importante che può spingere ad una forma di solidarietà, di collaborazione a livello ecclesiale estremamente preziosa, che evidentemente ha i suoi risvolti anche da altri punti di vista.







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