Mali. Liberata la città di Ansongo: si parla del dopo intervento militare
In Mali, l’esercito e il contingente nigerino sono entrati nella citta' di Ansongo,
per mesi controllata dai gruppi jihadisti. Lunedì erano state riconquistate le città
di Gao e di Timbuctu. Il presidente ad interim, Dioncounda Traore', spera di potere
organizzare, entro il 31 luglio, le elezioni politiche. Della fase che si aprirà dopo
l’uscita di scena degli integralisti islamici, che da mesi controllavano il nord del
Mali, Fausta Speranza ha parlato con Anna Bono, docente di Storia e
istituzioni africane all’Università di Torino
R. - Secondo
quanto anche stabilito dalle Nazioni Unite già lo scorso anno, nell’immediato futuro
il Paese dovrebbe essere affidato ad una missione di Paesi africani, Paesi dell’Africa
occidentale riuniti in un organismo regionale, l'Ecowas (Economic Community of West
African States), per un totale di circa seimila uomini, una parte dei quali sono già
entrati nel Paese. Dovrebbero prendere in mano loro la situazione, e naturalmente
anche all’esercito maliano, che tra l’altro in queste settimane dovrebbe essere addestrato
da alcune centinaia di soldati europei e americani per diventare più efficiente e
per riuscire, in un prossimo futuro, a gestire la situazione da solo.
D. -
Quali limiti intravedere? Per esempio: nel governo del Mali si è pronti per questo
tipo di percorso?
R. - Un punto interrogativo importante è come il Mali accetterà
questa situazione. Il secondo colpo di Stato - uno dei due verificatisi in Mali l’anno
scorso nel giro di pochi mesi - è stato a quanto pare proprio causato da un dissenso
profondo, radicale all’interno delle forze politiche e militari del Mali. Si sono
divisi su questo punto: se accettare l’interferenza militare da parte di Paesi stranieri
- cosa diventata inevitabile - non tanto dalla Francia, quanto appunto dalle truppe
di Paesi africani. D’altra parte, il Mali è evidentemente incapace da solo di gestire
la situazione: l’ha dimostrato la rapidità con cui i movimenti integralisti, e prima
ancora il Movimento di liberazione del Nord dei tuareg, hanno nel giro di poche settimane
occupato praticamente metà del Paese, tutta la parte settentrionale. Sono problemi
antichi, problemi radicati - di sottosviluppo, di corruzione, di tribalismo - ed è
importante capire che quello che è successo in questi ultimi mesi in Mali ha avuto
origine nel tempo, negli anni, addirittura nei decenni. Questo vale anche per i Paesi
confinanti, la Mauritania, l’Algeria, il Niger: tutti Paesi che hanno permesso - per
una serie di motivi, come la debolezza dei governi e l’incapacità, la mancanza di
volontà di questi governi di amministrare bene la cosa pubblica - che su territori
immensi si creassero delle reti transnazionali di cellule terroristiche. E il problema
fondamentale in questo momento è proprio questo. Fuggiti da Gao, fuggiti da Timbuctù,
forse anche da Kidal, entro pochi giorni i miliziani dei movimenti maliani si sposteranno
- si stanno già spostando - altrove, o si stanno mescolando alla popolazione, ma senza
scomparire. Anzi, sicuramente - non c’è dubbio su questo - si ricostituiranno, si
riaggregheranno, si riorganizzeranno altrove. È questo il problema enorme che andrebbe
affrontato e con grandissime difficoltà: perché non basta un intervento internazionale
affinché questo avvenga, ma ci vuole anche la volontà dei vari governi nel garantire
un intervento costante, efficace e di lungo periodo in questa direzione.