La tragedia delle inondazioni in Mozambico: 150 mila sfollati, 40 morti
In Mozambico, sono circa 150 mila gli sfollati, secondo cifre delle Nazioni Unite,
a causa delle inondazioni che, negli ultimi 15 giorni, hanno ucciso una quarantina
di persone. La provincia più colpita è quella meridionale di Gaza, limitrofa alla
capitale Maputo. L’appello alle popolazioni è di abbandonare le case per il pericolo
che possano crollare a causa della pioggia incessante. Francesca Sabatinelli ha
raggiunto telefonicamente a Maputo, Paolo Felice della Ong Cesvi:
R. – L’intera
città di Chokwe è stata completamente svuotata della popolazione, perché per diversi
giorni è rimasta sott’acqua. Attualmente, nelle zone che abbiamo visitato, vi sono
fra le 70 e le 100 mila persone letteralmente accampate all’aria aperta, sotto gli
alberi: famiglie intere, bambini, anziani, con praticamente quasi nulla a disposizione.
Abbiamo parlato con l’amministratore di Chokwe, il quale ci ha detto che per una popolazione
di 70 mila sfollati in quella zona c’erano circa 200 tende a disposizione. Qualcuno
ha una zanzariera sotto cui ripararsi, ma in molti casi nemmeno quella. Ovviamente,
il problema del cibo è impellente. Al momento, alla popolazione è garantita una sola
refezione al giorno, grazie ad aiuti alimentari distribuiti dal Programma alimentare
mondiale, oltre che dal governo mozambicano. Considerando, inoltre, il fatto che siamo
in piena stagione delle piogge, che continueranno almeno fino alla metà di aprile,
le necessità sono anche quelle di avere un rifugio, coperte e medicinali. L’acqua
potabile per il momento viene distribuita, ma certo non in abbondanza. Siamo andati
a Chowke, ora accessibile in quanto il livello dell’acqua si è abbassato, ma dove
la popolazione ancora non può tornare perché la città, come ho detto, è stata inondata
per giorni ed è in condizioni assolutamente pietose: senza elettricità, senza acqua
corrente con le carogne di animali morti durante l’alluvione ancora per le strade.
Quella parte di popolazione che è ritornata sta bevendo l’acqua del fiume, in mancanza
di alternative. Abbiamo visto con i nostri occhi bambini bere da bottiglie piene di
un’acqua marrone, che ovviamente lascia pensare ci possa essere la possibilità di
malattie gastrointestinali nel giro di pochi giorni.
D. – Quindi, ora si sta
profilando anche un forte rischio malattie, di epidemie?
R. – Assolutamente.
Certo, tutti ci auguriamo che ciò non accada, però bisogna purtroppo tenere in considerazione
questa eventualità. C’è un forte rischio sanitario. Consideriamo che parliamo di zone,
soprattutto quelle periferiche della città, dove la gente già in precedenza viveva
in condizioni abbastanza precarie, infrastrutturali in particolare. Quel poco di igiene
pubblica che poteva esserci in precedenza, ovviamente con questa piena è andato perduto
e quindi parliamo di zone che in questo momento avranno di certo bisogno della ricostruzione
di latrine, di canali di scolo e tutto quel genere d’infrastrutture che già in precedenza
erano precarie. Possiamo immaginare in che stato sono ora.
D. – Ci sono dei
villaggi – almeno queste sono le informazioni – che sono ancora totalmente isolati.
Quindi, il bilancio delle vittime potrebbe aumentare drammaticamente...
R.
– Le informazioni sono frammentarie al momento. Noi stessi siamo in una fase di raccolta
dati, per cercare di capire quale possa essere la nostra risposta a questa emergenza.
Stiamo parlando di un ambiente rurale, dove le comunicazioni, anche stradali, sono
già precarie normalmente, figuriamoci in queste condizioni. Le zone più remote vengono
raggiunte solo gradualmente, con difficoltà, spesso con barche, a volte con elicotteri,
ed è evidente che mano a mano che le zone più remote vengono raggiunte aumenta l’informazione
a disposizione e ovviamente aumenta anche il conto delle vittime di queste inondazioni.
D.
– Parliamo della gestione della crisi. Le organizzazioni umanitarie, le ong, stanno
cercando di intervenire. Come riuscite a lavorare? Quanto riuscite a sostenere? E
di cosa c’è bisogno?
R. – Ci sono recenti stime che parlano di un immediato
bisogno di aiuti per un valore di 15 milioni di dollari. Ovviamente, in questi casi
la disponibilità di fondi è fondamentale, per permettere alle organizzazioni di intervenire.
In questa fase, abbiamo avuto le agenzie delle Nazioni Unite che hanno cominciato
a mobilitare degli aiuti. Di recente, il governo inglese ha stanziato dei fondi per
la prima assistenza a queste popolazioni. Noi stessi siamo in una fase in cui stiamo
cercando di raccogliere le informazioni necessarie, per poi presentare la situazione
dei bisogni in maniera dettagliata a potenziali donatori, che ci possano poi appoggiare
nel dare risposte a questa emergenza.