Siria. Allarme profughi: 30 mila solo in Giordania
In Siria sono almeno 65 le vittime registrate nel Paese nelle ultime 24 ore, secondo
i Comitati di coordinamento locale. La maggior parte dei morti a Damasco, Daraa ed
Homs. Dura l’offensiva dei ribelli ad Idlib dove gli oppositori hanno liberato circa
300 detenuti dal carcere della città. Resta alta l’emergenza profughi: a lanciare
l’allarme l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Acnur) che parla di 30 mila persone
al confine con la Giordania, 162 mila in Turchia. Di oggi anche la denuncia di Save
the Children secondo cui in un solo giorno 10 mila bambini sarebbero in fuga dai bombardamenti.
Cecilia Seppia ha sentito il direttore della Ong in Italia Valerio Neri:
R. - Stiamo
denunciando la situazione ormai – purtroppo - da mesi, e nulla sta cambiando in senso
positivo per i bambini della Siria e le loro famiglie. La situazione è resa ancora
più grave dalle condizioni atmosferiche, però la cosa veramente drammatica è ciò che
sta succedendo all’interno del Paese, perché i rifugiati che arrivano nei campi parlano
sempre più spesso di violenze e di torture che vedono coinvolte purtroppo anche bambini.
D.
- Nel campo di Zaatari, che si trova ai confini con la Giordania, arrivano ogni ora
pullman stracarichi di persone, secondo le vostre fonti... I bambini sono le prime
vittime di questa guerra. Il vostro appello è di nuovo per loro...
R. - Il
nostro appello si rivolge al mondo, nell’interesse di questi bambini e ragazzi che
hanno visto la loro vita sradicata dal loro stesso territorio, e - ad oggi - totalmente
stravolta senza nessuna speranza reale per il futuro.
D. - Com’è la vita nei
campi, e quali sono le condizioni delle persone che arrivano da voi?
R. - È
una situazione drammatica. Nei campi mancano spesso addirittura le coperte, perché
il grande afflusso ha un po’ sorpreso anche le Nazioni Unite e il governo giordano.
Quindi noi di Save the Children stiamo cercando di far affluire altri aiuti, ma la
situazione sta diventando veramente molto preoccupante riguardo la sostenibilità futura
di questi campi stessi. La popolazione arriva sguarnita di ogni cosa, perché appena
le truppe arrivano nei villaggi, le persone fuggono così come si trovano, semplicemente
perché sanno che altrimenti potrebbero venire non solo uccise, ma facilmente torturate
perché confessino cosa hanno visto, se hanno partecipato alla fazione governativa…
Quindi è veramente una situazione drammatica. La gente è terrorizzata.
D. -
C’è bisogno di un intervento concreto della comunità internazionale perché queste
persone non vengano lasciate sole. Anche l’Onu sta pensando di mandare del personale
proprio alle frontiere per gestire questo flusso quotidiano di profughi. Potrebbe
essere una soluzione?
R. - Non è una soluzione. È una cosa che comunque va
fatta nel senso umanitario del termine: bisogna dare a queste persone degli aiuti
importanti e immediati. Quindi l’Onu e le nazioni più ricche devono disporre di maggiori
fondi per aiutare i governi della Giordania, della Turchia ad accogliere queste persone
in maniera migliore. Questo è quello che si deve fare subito. Poi, purtroppo c’è il
problema della soluzione politica della guerra civile in Siria, dove non si sta facendo
sostanzialmente nulla di risolutivo, e dove alcuni governi hanno più responsabilità
di altri nel tenere la popolazione civile in ostaggio di guerre geopolitiche che hanno
degli interessi geopolitici di ben altra natura.
D. - Voi siete lì, non soltanto
in questo campo vicino alla Giordania, ma anche in altri luoghi. Qual è la percezione
che la gente ha di questo conflitto e della comunità internazionale? La gente si sente
delusa, lasciata sola?
R. - Ovviamente la gente si sente lasciata sola perché
non è sempre consapevole, non sempre ha letto i giornali internazionali o sa di geopolitica
internazionale, e quindi degli interessi che la Russia può avere in Siria. La gente
semplicemente soffre, ed è questo quello che i genitori e i ragazzi ci dicono quando
arrivano nei campi.