Padre Lombardi: strage elefanti e commercio avorio gravi, ma Vaticano che c'entra?
La Chiesa non ha mai incoraggiato l’uso dell’avorio per gli oggetti devozionali e
in Vaticano non vi è alcun negozio che li venda. Lo afferma padre Federico Lombardi
in una lettera di risposta alla rivista “National Geographic”, che ha dedicato un’inchiesta
sul tema del commercio illegale dell’avorio, chiamando in causa il Vaticano. Al contrario,
replica padre Lombardi, tutto il magistero della Chiesa esprime una “condanna morale
generale” per chi danneggia l’ambiente, la flora e la fauna. Il servizio di Alessandro
De Carolis:
La strage degli
elefanti “è un fatto gravissimo” e il commercio illegale dell’avorio un fenomeno “grave”.
Su questo il Vaticano non ha alcun dubbio. Del resto, dai Papi e della Chiesa arriva
un insegnamento generale che non può essere equivocato e padre Lombardi lo ribadisce
all’inizio della sua lettera: la “creazione – si afferma – è affidata alle persone
umane per essere coltivata e custodita come un dono prezioso ricevuto dal Creatore,
e quindi non distrutta, né trattata con violenza e sfruttamento, ma trattata con grande
responsabilità verso le creature stesse e verso le future generazioni umane che devono
poter continuare a godere di beni essenziali e meravigliosi”. Da ciò, prosegue, si
evince una “condanna morale generale delle azioni umane che portano danno all’ambiente,
alla flora e alla fauna”.
Stabilito ciò, con la citazione di vari documenti
magisteriali, padre Lombardi passa all’altro punto spinoso sollevato dall’inchiesta
del “National Geographic”, quello del presunto coinvolgimento del Vaticano, da cui
il profluvio di messaggi ed email che, riferisce, hanno affollato il suo ufficio negli
ultimi tempi e non sempre con toni “gentili”. Ebbene, tanto l’inchiesta (“Ivory Worship”)
quanto i messaggi contengono inesattezze bisognose di chiarimenti. Anzitutto, scrive
padre Lombardi, in 70 anni di vita nella Chiesa “non ho mai sentito o letto neppure
una parola che incoraggiasse l’uso dell’avorio per gli oggetti devozionali”, né –
prosegue – “vi è mai stato un incoraggiamento da parte della Chiesa ad usare l’avorio
piuttosto che qualsiasi altro materiale” per realizzarli. Anche perché – soggiunge
– “non vi è mai stato nessun motivo per pensare che il valore di una devozione religiosa
sia collegato alla preziosità del materiale delle immagini che utilizza”. “Tanto meno
vi è alcuna organizzazione promossa o incoraggiata dalle autorità della Chiesa cattolica
per commerciare o importare avorio”. Quanto al supposto commercio “dentro” il Vaticano,
padre Lombardi afferma che nel piccolissimo Stato governato dalla Chiesa cattolica
“non vi è alcun negozio che venda oggetti in avorio ai fedeli o ai pellegrini”. Per
ciò che riguarda il negozio “Savelli” nei pressi di Piazza S. Pietro, chiarisce, “appartiene
a privati” e quindi il Vaticano non ha in merito “alcuna responsabilità o controllo
da esercitare”. Come non ne ha nei riguardi del prete nelle Filippine indiziato di
commercio illegale di avorio. Anche in questo caso, il Vaticano “non ne sa nulla e
non ha niente a che fare con lui”, dichiara padre Lombardi, che precisa: “La responsabilità
di quello che fa un prete nelle Filippine è anzitutto sua, e le autorità civili delle
Filippine possono e devono punirlo se fa traffici illeciti”, così come in ogni autorità
nel resto del mondo.
L’articolo del National Geographic chiama in causa anche
il costume di fare doni in avorio da parte dei Pontefici. In anni di attività vaticana
seguita da vicino, riferisce padre Lombardi, “personalmente non ho mai visto un dono
in avorio fatto dal Papa ai suoi visitatori” e quello che, secondo la rivista, Giovanni
Paolo II avrebbe fatto oltre 25 anni fa al presidente Reagan sarebbe, “se vero”, “un’eccezione”.
Talvolta capita il contrario, e cioè che qualcuno faccia dei doni in avorio al Papa.
Ma, per fare un esempio recente, la scacchiera realizzata in quel materiale e donata
lo scorso novembre dal presidente della Costa d’Avorio a Benedetto XVI era realizzata,
assicura padre Lombardi, con “avorio legale”.
Considerando di “nessun rilievo
concreto” un’eventuale adesione del Vaticano alla Convenzione per la protezione della
flora e della fauna (Cites) – poiché, spiega, “non c’è alcuna istituzione della Città
del Vaticano o della Santa Sede che abbia a che fare con il commercio di specie vegetali
o animali a rischio” – padre Lombardi indica in tre punti il miglior contributo che
potrebbe venire da un impegno da parte vaticana per contrastare questo grave fenomeno,
e cioè mettere in campo un’opera di “informazione e responsabilizzazione” attraverso
i suoi organismi. Primo, coinvolgendo il dicastero di Giustizia e Pace – che è più
direttamente connesso con le tematiche della tutela ambientale – l’approfondimento
giornalistico offerto dalla Radio Vaticana e una maggiore diffusione degli studi della
Pontificia Accademia delle Scienze “sui temi ambientali e la biodiversità”. “Non fermeremo
con questo la strage degli elefanti – conclude padre Lombardi – ma almeno avremo
collaborato a cercare concretamente delle soluzioni per fermarla con le nostre possibilità
informative e formative”.