2013-01-24 08:13:20

Israele: al lavoro per formare un nuovo governo. Ago della bilancia il centrista Lapid


Israele. Il presidente Shimon Peres inizierà la settimana prossima il giro di consultazioni per la formazione del governo, che quasi certamente sarà guidato – per la terza volta – da Benjamin Netanyahu. Un’impresa ardua, quella di Netanyahu, visto che la Knesset è spaccata a metà, con 60 seggi a testa per la destra e per il centro-sinistra. L’ago della bilancia sarà Yair Lapid, vero trionfatore del voto, che con il suo partito centrista, lo Yesh Atid, ha conquistato ben 19 seggi. Lapid mercoledì ha escluso la formazione di una coalizione anti – Nethanyau. E intanto giunge l’appello della Casa Bianca, affinchè riprendano i negoziati diretti tra israeliani e palestinesi, mentre l’Anp, da parte sua, fa sapere che negozierà con qualsiasi esecutivo israeliano sarà formato a patto, però, che rispetti la risoluzione dell'Onu che riconosce lo Stato palestinese entro i confini precedenti al 1967. Salvatore Sabatino ha chiesto di commentare il risultato elettorale a mons. William Hanna Shomali, vescovo ausiliare del Patriarcato Latino di Gerusalemme:00:03:43:8

R. – C’è un vero cambiamento nell’elettorato israeliano: si sta muovendo verso il centro. I risultati di stamattina ci hanno sorpreso: 60 seggi per la sinistra e 60 per la destra. Con la sinistra ci sono anche i partiti arabi. Questo rende più difficile formare un governo e anche se Nethanyau ha avuto 31 seggi in Parlamento, nella Knesset, avrà difficoltà a fare una larga coalizione con altri partiti, specialmente quelli di centro-sinistra, perché deve essere pronto a cambiare qualcosa della sua politica. Non può continuare come quando si coalizzava con partiti solo di destra. Ora ci aspettiamo un vero cambiamento.

D. – Possiamo dire che è definitivamente messa da parte la linea dura di Lieberman, a questo punto?
R. – Senz’altro. Lieberman esce se Yair Lapid entra al suo posto. Yair è meno fondamentalista, meno estremista, più moderato, ed è per questo che i giovani lo hanno eletto: per le sue idee su come migliorare l’economia, come obbligare gli ortodossi ad entrare nell’esercito, a fare il servizio militare, come agevolare il processo di pace. Le idee, dunque, di Lapid saranno veramente moderate, se entra nella coalizione. Sappiamo già che la prima telefonata che Nethanyau ha fatto stamani è stata per lui; per fargli gli auguri ed invitarlo ad entrare con lui in una larga coalizione. Questo è promettente.

R. – Quindi, questa vittoria dei centristi, secondo lei, può aiutare concretamente a riprendere il processo di pace, dopo che per anni abbiamo vissuto una vera e propria stasi?

R. – La spinta al riavvio del processo di pace non giunge solo da parte dei vari componenti del governo israeliano. Tutto dipende anche dalla pressione esercitata dagli Stati Uniti sul nuovo esecutivo. Washington ha detto che non cambierà politica, che vuole la soluzione di due Stati, e che gli insediamenti impediscono la soluzione di questi due Stati. Per questo una pressione americana aiuterebbe tanto anche i partiti moderati in Israele.

D. – Tra l’altro, Obama nel suo discorso, dopo il giuramento del secondo mandato, ha detto: “E’ finita un’era di guerra e ci impegneremo per la pace in Africa e soprattutto in Medio Oriente”. Questo è un segnale, ovviamente, importante per voi...

R. – Per me sì. Molti, comunque, fanno pressione su Obama per dare una priorità al conflitto israelo-arabo, perché questo conflitto continua a far perdere tante energie e anche ad avvelenare l’atmosfera del Medio Oriente. Allora vuole – e penso sia sincero – contribuire ad una pace in Terra Santa. C’è bisogno di una bella collaborazione fra lui e il governo israeliano. Noi possiamo solo pregare per una bella intesa fra di loro per il futuro della pace.

D. – Questo voto uscito dalle urne, com’è stato commentato dai palestinesi?
R. – Io ho sentito solo Saeb Erekat, grande negoziatore dei palestinesi, che ha detto: “Questo è un affare interno agli israeliani; rispettiamo la loro decisione e vogliamo continuare a lavorare per la pace, ma vogliamo che si fermi la costruzione degli insediamenti, perché sono un vero ostacolo a riprendere i negoziati”. E questa è la prima reazione venuta da una persona autorevole.


Ultimo aggiornamento: 25 gennaio







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