L'Europa introdurrà, in undici Paesi tra cui l'Italia, la "Tobin Tax", la tassa che
pagheranno le banche per ogni transazione finanziaria effettuata. La Tobin tax prende
il nome dal Premio Nobel che la suggeriva negli anni Settanta e dovrebbe generare
un "tesoretto" di circa 35 miliardi di euro. Contraria da sempre la Gran Bretagna
e proprio ieri il premier britannico Cameron ha promesso un referendum in cui i britannici
potranno scegliere se rimanere "dentro o fuori" l'Unione Europea. In ogni caso, la
Tobin Tax, dopo tanti sacrifici chiesti ai cittadini per la crisi economica, rappresenta
un modo per far contribuire anche le banche. Nell’intervista di Fausta Speranza,
la riflessione dell’economista Giuseppe Di Taranto dell’Università Luiss:
R. – Assolutamente.
Questo è un grande passo avanti, un passo avanti importante. Farei presente solo un
eventuale – voglio sottolinearlo due volte – eventuale pericolo: che in un mercato
internazionale globalizzato, dove sostanzialmente c’è libertà di movimento dei capitali,
questo potrebbe spingere a trasferire le transazioni finanziarie su Borse come quella
di Londra dove, di fatto, la Tobin Tax non viene applicata. Però, mi permetta di dire
che questa volta l’Unione Europea ha introdotto una tassazione che non è elevata e
quindi probabilmente questo pericolo sarà scongiurato, almeno per quello che riguarda
i trasferimenti di capitali non eccessivamente elevati.
D. – Certo, questa
non è una misura per risolvere la crisi economica in Europa, ma è una misura per riequilibrare
chi paga: fino adesso hanno pagato i cittadini, adesso contribuiscono anche le banche…
R.
– Certamente. E se l’Europa avesse avuto una volontà comune, sicuramente le banche
avrebbero pagato molto di più. Chi sta traendo i vantaggi dell’unione monetaria europea
sono di fatto le banche. Tutti sappiamo, ma forse è opportuno ricordarlo, che ci sono
state due operazioni di prestito della Banca centrale europea che hanno dato alle
banche europee oltre mille miliardi al tasso ddell'1%, mentre di fatto imprese e famiglie
– e non solo in Italia – non riescono ad avere ossigeno, cioè avere credito per andare
avanti. E sono doppiamente penalizzate: perché, contemporaneamente, non riescono a
ricevere il denaro anticipato relativamente alle vendite fatte alle pubbliche amministrazioni.
Se a questo si aggiunge un cuneo fiscale elevatissimo e soprattutto una pressione
fiscale – il "total tax rate", come si chiama – che è arrivata al 67%, credo che ci
vogliano altri provvedimenti da parte dell’Unione Europea non più rinviabili.
D.
– Da sempre, Gran Bretagna, Irlanda e Svezia in particolare sono contrarie alla questione
della tassazione. A questo punto, Cameron addirittura annuncia un referendum per l’eventuale
uscita dall’Unione Europea…
R. – E’ evidente che la City, il mercato
finanziario più importante d’Europa, vuole restare tale. E quindi vede anche in una
piccola tassazione – perché tale è la Tobin Tax – comunque un pericolo di non essere
più al primo posto nella transazione dei capitali a livello internazionale. Ma il
problema andrebbe visto all’origine, e cioè c’è da chiedersi: come mai i Paesi importantissimi
di cui stavamo parlando sono nell’Unione Europea ma non nell’Unione monetaria europea?
Forse, degli errori sono stati fatti all’origine. Ci sono delle contraddizioni in
termini e vanno oggi poste sul tappeto e sulle quali bisognerebbe riflettere.