Una politica al servizio dell'uomo: lo ha chiesto in un Convegno a Roma la Comunità
di Capodarco
La politica attuale, priva del sentimento della condivisione, ha portato a “corrodere
la coesione sociale”. E’ la denuncia lanciata dalla Comunità di Capodarco al Convegno
nazionale che si è tenuto mercoledì pomeriggio nella sede della Camera dei Deputati,
a Roma. La causa della crisi in corso, è stato detto, risiede nell’assenza di una
politica al servizio dell’uomo. Quale dunque l’Agenda proposta da Capodarco, da anni
impegnata a fianco dei disabili e dei poveri del mondo? Adriana Masotti ha
sentito il fondatore, don Franco Monterubbianesi:
R. – Mettere
al centro gli ultimi della terra e i deboli del nostro territorio significa dare una
svolta di fondo a quella condizione della politica che finora è invalsa anche in Occidente,
e cioè quella autoreferenziale del politico – del principe, come diceva Machiavelli,
– per andare ad una radicalità della visione politica in cui servire veramente gli
uomini nella loro dignità, e quindi tutti i popoli della terra, con lo spirito della
giustizia e dell’amore.
D. – Voi sostenete, e lo sostiene in particolare il
prof. Roberto Mancini che partecipa al Convegno, che oggi ci vuole più democrazia
nelle nostre società, mentre si va verso una riduzione di essa, che è quello che
vorrebbe il mercato finanziario …
R. – Certamente. Lo stesso Aristotele diceva
che la democrazia dev’essere la coralità delle persone che gestiscono il bene della
polis, quindi la coralità non può essere data dai mercati: i mercati pensano
solo al profitto!
D. – Cosa vuol dire questo in Italia, ad esempio?
R.
– In Italia abbiamo da ribaltare tutta una mentalità. Per questo il prof. Mancini
parla oggi di una cura educativa che bisogna dare, puntando su una famiglia che ai
propri figli trasmetta valori e non superficialità. Sul piano concreto, dobbiamo tutti
cambiare un po’ questa mentalità accecata dal potere. Il potere non è corrotto solo
dall’alto, ma è corrotto anche dal basso. Però, la classe politica potrà cambiare
molto se cambierà il basso, proprio il cittadino intervenendo con uno sforzo di auto-organizzazione,
sui bisogni che il territorio ha. Infatti, noi parliamo oggi di ricostituire il welfare
ma partendo dal basso. Parliamo del famoso welfare comunitario, in cui i cittadini
costringono i politici a stare al chiodo della rappresentanza. Gli agenti politici
di questo cambiamento, per me, sono i giovani.
D. – Quindi voi, praticamente,
chiedete un risveglio delle coscienze. Partite da un’esperienza concreta, vissuta
per almeno 40 anni, quella di Capodarco. In sintesi, che tipo di esperienza è quella
che è stata vissuta?
R. – In sintesi, noi abbiamo vissuto questa esperienza
di promozione delle capacità residue della disabilità fisica, poi della disabilità
mentale cercando di lavorare con il territorio per trasformarlo in ricchezza: quello
che il Papa diceva nel 2004, quando diceva che l’handicappato è il testimone privilegiato
dell’umanità perché attorno a lui si costruisce un mondo diverso. Però c’è un’altra
realtà, che noi abbiamo colto negli anni, che era la dimensione mondiale: siamo andati
in Ecuador, poi in Guatemala, poi mano a mano anche in Africa … Quindi, ai giovani
vogliamo trasmettere questo valore di Capodarco aperto all’emarginazione dei poveri
della terra e dei deboli del territorio. Una dimensione concreta che oggi identifichiamo
come quella del glocale.
D. – Ci sono punti precisi, nella vostra Agenda,
che voi volete proporre ai politici?
R. – Quello che vogliamo dire è che la
nuova politica nasce dai bisogni del territorio che devono essere affrontati dai cittadini
facendo unità: unità tra le forze sociali, economiche, con l’ente locale … Questa
è la prima cosa che dico ai politici: aiutateci a costruire un patto territoriale
sul sociale. Un’altra richiesta: promuovere i giovani, in questa nuova visione politica.