Mali: truppe di Bamako accusate di violazione dei diritti umani
Sono 2300 i soldati francesi finora dispiegati in Mali, nell’ambito dell’operazione
“Serval”, giunta al suo 12.mo giorno. Le forze di Parigi continueranno a consolidare
il loro sbarramento per impedire che l’offensiva degli islamisti si estenda al sud
del Paese. I raid aerei si susseguono quotidianamente, di martedì sera quello su
Timbuctu che ha distrutto la residenza costruita per Gheddafi e divenuta in seguito
un quartier generale delle milizie islamiche locali. Di ieri, invece, la pesante accusa
formulata da un gruppo a tutela dei diritti umani, l'"International Federation of
Human Rights Leagues", contro i soldati di Bamako, che si sarebbero resi responsabili
di una serie di esecuzioni sommarie e altri abusi dei diritti umani, nel corso dell'operazione
militare condotta al fianco delle truppe francesi. Il Giappone ha intanto deciso di
chiudere la propria ambasciata a Bamako per motivi di sicurezza, a seguito anche dell’attacco
terroristico in Algeria. Sempre martedì sera, il segretario generale dell’Onu, Ban
Ki-moon, aveva definito coraggioso l’intervento della Francia in Mali, sottolineando
però i timori per le conseguenze dell’operazione sui civili e sul rispetto dei diritti
dell’uomo. FrancescaSabatinelli ha intervistato il generale FabioMini, ex comandante della missione Nato in Kosovo e analista geopolitico:
R. - Il Mali
è importante perché ci sono gli interessi europei, quasi esclusivamente quelli della
Francia, però attenzione: se si destabilizza il Mali, le truppe o le forze jihadiste
o qaediste cominciano a destabilizzare anche l’Algeria, come sembra già stia avvenendo.
L’Algeria è praticamente Europa, oltre che essere praticamente Francia. Quindi, l’Europa
può essere preoccupata per questa situazione e mi sembra legittimo.
D. - Quindi,
lei ritiene che un intervento ci debba essere in Mali?
R. - L’intervento ci
doveva essere. Ma un intervento di carattere internazionale sotto l’egida delle Nazioni
Unite. La Francia, intervenendo direttamente e chiedendo sostegno a tutti i Paesi,
soprattutto quelli europei, e accettando i Paesi di intervenire a fianco della Francia,
in pratica ha messo in crisi la stessa risoluzione delle Nazioni Unite (la risoluzione
approvata dal Consiglio di sicurezza Onu nell’ottobre scorso ha aperto la strada a
un intervento militare delle organizzazioni sovranazionali africane in Mali, e quindi
Unione Africana e Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale N.d.R.).
Oggi, questo intervento militare diretto dalla Francia non è avallato dalle Nazioni
Unite. L’intervento militare ha spiazzato l’Onu e l’intervento degli altri Paesi,
come Italia e Germania, è un intervento di sostegno prima di tutto politico, poi di
carattere logistico, perché quando si parla di due o tre aeroplani da trasporto si
parla di un ruolo minore, come partecipazione e come presenza.
D. – La comunità
internazionale mira a evitare che il Mali precipiti in condizioni peggiori della Somalia
e dell’Afghanistan: è possibile che questo accada?
R. – E’ possibile ed è già
adesso una situazione, non dico peggiore della Somalia – perché peggio della Somalia
non c’è niente – ma è quasi peggiore dell’Afghanistan. La prospettiva è ancora peggiore,
nel senso che l’accostamento della situazione del Mali alla situazione dell’Afghanistan,
che qualcuno ha fatto, ha diversi punti in comune, pur essendo due aree completamente
diverse. I jihadisti non sono i talebani, probabilmente sono peggio, è veramente una
situazione sull’orlo del precipizio. Il fatto fondamentale è questo: dal precipizio
la gente si salva da sola o ci vogliono interventi esterni? Soprattutto delle potenze
ex-coloniali che sono guidate dai loro interessi coloniali e che non hanno interessi
umanitari? La missione delle Nazioni Unite avrebbe dovuto avere uno scopo esclusivamente
umanitario e politico, diplomatico, perché le comunità in Mali si rimettessero d’accordo.
Quando poi intervengono le potenze esterne, con i soldati, o con i soldati camuffati
da assistenti, o con gli aerei militari camuffati da aerei da trasporto, allora è
tutta un’altra storia.