2013-01-22 08:24:33

Mali: i ribelli in ritirata. Imminente la riconquista di Timbuctu


Mali. I militari francesi e le truppe regolari di Bamako hanno riconquistato ieri Diabaly e Douentza. E soprattutto stanno lanciando, in queste ore, l’assalto alla “città-simbolo” di Timbuctu, costringendo i ribelli jihadisti a ripiegare nell’estremo nordest del Mali. La cronaca, nel servizio di Giulio Albanese:RealAudioMP3

Sul campo, la forza africana destinata a dare in futuro il cambio ai francesi ha raggiunto il numero di 1.000 soldati ma sul piano diplomatico si segnala una battuta d’arresto. L’Egitto di Mohamed Morsi, incrinando il fronte dei sostenitori dell’intervento francese, si è schierato contro la guerra, affermando che rischia di destabilizzare ulteriormente la regione saheliana. Intanto, ieri, si è appreso ufficialmente dal governo algerino il bilancio del raid jihadista, della scorsa settimana, a un impianto per il trattamento del gas del sud-est dell'Algeria. Ai 37 lavoratori uccisi, di otto nazionalità diverse, se ne aggiunge uno algerino, mentre di altri cinque stranieri non si hanno ancora notizie. Tre terroristi sono stati catturati vivi e 29 uccisi.

Per capire il peso della partita che si sta giocando in Mali, Fausta Speranza ha intervistato l’africanista Aldo Pigoli, docente all’Università Cattolica di Milano: RealAudioMP3

R. – Da diversi anni, il Mali è al centro di una serie di dinamiche che riguardano lo sviluppo anche di altri Paesi africani: il problema della povertà, della scarsa distribuzione delle risorse all’interno dello Stato e di tutte le difficoltà dello sviluppo in sé. Però, da diversi anni è anche coinvolto in dinamiche riguardanti l’instabilità politico-militare, sia del Paese sia dell’area cosiddetta del Sahel, cioè quell’area che sta a cavallo del deserto del Sahara e tra la fascia nordafricana e quella dell’Africa occidentale, in particolare. In quest’area, da parecchi anni è in corso un vero e proprio conflitto tra forze che si rifanno al più ampio "ombrello" del terrorismo internazionale di matrice fondamentalista islamica, e quindi legata ad al Qaeda, e le forze di sicurezza istituzionali e ancora le forze che a livello internazionale cercano di sostenere il governo del Mali. Riguarda anche altri Paesi dell’area il tentativo di contrastare questi gruppi armati che da diverso tempo generano, appunto, instabilità e conflitti nel Paese.

D. – La partita che si sta giocando in Mali, quanto è importante un po’ per tutto il continente africano?

R. – Diciamo che significa il successo nel più ampio contesto della sicurezza del continente, anche se poi vanno considerate le aree nelle loro specificità. In questo caso, il Mali – come la fascia del Sahel in generale – è un’area critica perché la capacità dei Paesi dell’area e della comunità internazionale di sostenerli e di aiutarli nel contrastare il terrorismo internazionale e anche le varie componenti dell’instabilità locale, - quindi traffici criminali e le organizzazioni locali che si occupano di questi traffici – sarà determinante non solo nel risolvere la situazione temporaneamente, ma anche nel far vedere che è possibile, nel continente africano, far fronte a queste situazioni di instabilità e debolezze strutturali del sistema.

D. – Quanto sono forti il fondamentalismo e il terrorismo in Africa? Abbiamo visto la drammatica connessione con i fatti in Algeria: c’è da aspettarsi nuove implicazioni in altre aree?

R. – Le aree del Mali e dell’Algeria, del Sahel in generale, sono sotto i riflettori della comunità internazionale, in particolar modo degli Stati Uniti e negli ultimi anni anche dell’Unione Europea. Gli Stati Uniti, in particolare, negli ultimi anni, hanno sostenuto fortemente – a livello militare e finanziario – i Paesi dell’area contro il terrorismo internazionale. Evidentemente, ci troviamo nel mezzo di una vera e propria “battaglia” nel senso più ampio del termine, cioè di grande instabilità con attori con interessi diversi che cercano di sfruttare quello che dicevo prima, cioè la grave carenza di capacità dei governi di far fronte alla sicurezza al proprio interno. Quindi, sì, possiamo aspettarci nuove situazioni anche perché questa è un’area con delle criticità strutturali. E’ un’area che deve risolvere i problemi di sviluppo dei propri Paesi e deve far fronte alle dinamiche internazionali, come la sfida ormai globale del terrorismo, che impatta in maniera significativa sulle debolezze di questi Paesi.







All the contents on this site are copyrighted ©.