Crisi economica e salute mentale: a Roma convegno con dati e soluzioni per i più fragili
Cosa cambia nella popolazione e nei servizi di salute mentale a causa della crisi
economica e quali le soluzioni che questo momento di difficoltà può suggerire? Questo
quesito è stato al centro del Convegno scientifico organizzato a Roma dalla Società
italiana di Epidemiologia Psichiatrica (Siep) e dall'Istituto superiore di sanità.
Ma c'è una relazione effettiva tra disagio mentale e crisi e in che termini? Gabriella
Ceraso lo ha chiesto al presidente della Siep, Francesco Amaddeo:
R. – Non abbiamo
studi pubblicati, almeno in Italia, ma ci sono studi pubblicati in Europa che dimostrano
che dal 2008 è aumentato il numero dei suicidi nell’area euro. La depressione aumenta,
ma aumentano anche le patologie come l’ansia e il panico, consumo alcolici e di sostanze
e anche il gioco d’azzardo. In Italia, abbiamo la percezione degli operatori che vedono
sempre più utenti che portano negli ambulatori problemi legati al lavoro, alla precarietà.
D.
– Quindi, questo significa richieste di antidepressivi, di antipsicotici o no?
R.
– Non necessariamente richieste di farmaci, ma richieste di supporto. In tutti i servizi
si fa supporto psicologico. I servizi offrono anche l’assistenza diurna nei Centri
di salute mentale, le attività riabilitative… Oggi, quasi tutti i servizi italiani
collaborano, per esempio, con la cooperazione sociale.
D. – Fare rete è dunque
fondamentale?
R. – Sì. Questo è quello che i servizi o già fanno o devono imparare
a fare, perché se si riducono le risorse, in alcuni casi queste possono essere supplite
dalla cooperazione, dall’auto-aiuto.
D. – Come si sta reagendo? Perché c’è
una spending review in atto…
R. – Mettendo in campo interventi di provata
efficacia, interventi appropriati: questo è il modo migliore. Questo vale ancora di
più per la salute mentale, perché c’è un’area grigia tra l’appropriatezza e la non
appropriatezza ed è necessario che quest’area grigia sia chiarita dagli studi. Infatti,
continuare a fare interventi di cui non si sia provata l’efficacia, potrebbe significare
sprecare risorse. Ancora di più, bisogna fare attenzione all’etica delle scelte.
D.
– Nulla oggi fa pensare che non si chiederanno altri sacrifici, anche a livello di
servizi. Quali sono le sue urgenze e, se ci sono, quali le priorità?
R. – Noi
prevediamo, come società scientifica, che dalla crisi possa nascere un’opportunità:
i servizi possono ripensare al loro modo di operare, mettendo in campo una maggiore
appropriatezza, una maggiore qualità delle prestazioni che vengono offerte. Infatti,
è ormai dimostrato da molti studi europei che se si offrono prestazioni di qualità,
si riesce poi nel giro di qualche anno anche a ridurre i costi.
D. – Siamo
vicini alle elezioni, tutti stanno facendo le loro richieste e avanzando un’agenda
di priorità. Se lei dovesse segnalare a chi ci guida quali siano le priorità nel vostro
settore, dovesse fare delle raccomandazioni?
R. – Sicuramente, investire di
più nella salute mentale è una delle cose fondamentali. In Italia, noi abbiamo un’incidenza
della spesa per la salute mentale che rappresenta il 3% della spesa sanitaria. Nell’area
dei 27 Paesi europei, è intorno al 5%, mentre in Inghilterra è di circa il 10 %. Però,
non è soltanto una questione di soldi: noi abbiamo bisogno che le istituzioni siano
attente nella pianificazione dei servizi. Esistono le conoscenze scientifiche, da
una parte: tutta questa formazione però non viene acquisita a livello decisionale.