Prosegue l’avanzata francese verso il Nord del Mali: liberate le città di Diabali
e Douentza
Il ministro della Difesa francese, Le Drian, ha annunciato la ripresa del controllo
delle città di Diabali edi Douentza ad ovest e nel centro del Mali, da parte
delle forze armate maliane. Diabali era stata conquistata una settimana fa dagli islamisti
e parzialmente abbandonata dopo un bombardamento dei jet francesi. Mentre le colonne
di soldati francesi continuano ad avanzare via terra verso il nord, occupato da gruppi
integralisti da 9 mesi, gli aerei di Parigi effettuano bombardamenti nelle regioni
di Gao e di Timbuctù. Per capire il peso della partita che si sta giocando in Mali,
Fausta Speranza ha intervistato l’africanista Aldo Pigoli, docente all’Università
Cattolica di Milano:
R. – Da diversi
anni, il Mali è al centro di una serie di dinamiche che riguardano lo sviluppo anche
di altri Paesi africani: il problema della povertà, della scarsa distribuzione delle
risorse all’interno dello Stato e di tutte le difficoltà dello sviluppo in sé. Però,
da diversi anni è anche coinvolto in dinamiche riguardanti l’instabilità politico-militare,
sia del Paese sia dell’area cosiddetta del Sahel, cioè quell’area che sta a cavallo
del deserto del Sahara e tra la fascia nordafricana e quella dell’Africa occidentale,
in particolare. In quest’area, da parecchi anni è in corso un vero e proprio conflitto
tra forze che si rifanno al più ampio "ombrello" del terrorismo internazionale di
matrice fondamentalista islamica, e quindi legata ad al Qaeda, e le forze di sicurezza
istituzionali e ancora le forze che a livello internazionale cercano di sostenere
il governo del Mali. Riguarda anche altri Paesi dell’area il tentativo di contrastare
questi gruppi armati che da diverso tempo generano, appunto, instabilità e conflitti
nel Paese.
D. – La partita che si sta giocando in Mali, quanto è importante
un po’ per tutto il continente africano?
R. – Diciamo che significa il successo
nel più ampio contesto della sicurezza del continente, anche se poi vanno considerate
le aree nelle loro specificità. In questo caso, il Mali – come la fascia del Sahel
in generale – è un’area critica perché la capacità dei Paesi dell’area e della comunità
internazionale di sostenerli e di aiutarli nel contrastare il terrorismo internazionale
e anche le varie componenti dell’instabilità locale, - quindi traffici criminali e
le organizzazioni locali che si occupano di questi traffici – sarà determinante non
solo nel risolvere la situazione temporaneamente, ma anche nel far vedere che è possibile,
nel continente africano, far fronte a queste situazioni di instabilità e debolezze
strutturali del sistema.
D. – Quanto sono forti il fondamentalismo e il terrorismo
in Africa? Abbiamo visto la drammatica connessione con i fatti in Algeria: c’è da
aspettarsi nuove implicazioni in altre aree?
R. – Le aree del Mali e dell’Algeria,
del Sahel in generale, sono sotto i riflettori della comunità internazionale, in particolar
modo degli Stati Uniti e negli ultimi anni anche dell’Unione Europea. Gli Stati Uniti,
in particolare, negli ultimi anni, hanno sostenuto fortemente – a livello militare
e finanziario – i Paesi dell’area contro il terrorismo internazionale. Evidentemente,
ci troviamo nel mezzo di una vera e propria “battaglia” nel senso più ampio del termine,
cioè di grande instabilità con attori con interessi diversi che cercano di sfruttare
quello che dicevo prima, cioè la grave carenza di capacità dei governi di far fronte
alla sicurezza al proprio interno. Quindi, sì, possiamo aspettarci nuove situazioni
anche perché questa è un’area con delle criticità strutturali. E’ un’area che deve
risolvere i problemi di sviluppo dei propri Paesi e deve far fronte alle dinamiche
internazionali, come la sfida ormai globale del terrorismo, che impatta in maniera
significativa sulle debolezze di questi Paesi.