In un libro, la storia della Cappella Musicale Pontificia Sistina
La storia della Cappella Musicale Pontificia Sistina attraverso i suoi sei direttori:
da Giuseppe Baini, nominato nel 1830, all’attuale don Massimo Palombella. E’ quanto
racconta Marcello Filotei, critico musicale dell’Osservatore Romano nel libro “La
solita solfa”. Più che ritratti, squarci di storia fatta di luci e ombre. “Indispensabile
è che la Cappella resti” - scrive nella prefazione il cardinale Gianfranco Ravasi,
presidente del Pontificio Consiglio della Cultura - “un segno forte nell’orizzonte
non sempre luminoso dell’arte contemporanea”. Ma perché la scelta dei direttori come
filo conduttore? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Marcello Filotei:
R. – Perché
danno un taglio particolare alla storia di questa istituzione: quindi da Baini, che
fu il primo ad essere indicato proprio con questo titolo di direttore, fino all’attuale
direttore, Palombella. E poi, come ho cercato di sintetizzare nel titolo, è sempre
la solita solfa, cioè ce n’è uno che vuole recuperare la tradizione in un modo
che ritiene originale e giusto, e l’altro che la vuole recuperare in un altro modo
e spesso anche introdurre novità del linguaggio contemporaneo.
D. – Quali sono
i requisiti per diventare direttore della Cappella?
R. – Deve essere un musicista
esperto di musica liturgica, in grado di gestire sia un repertorio enorme sia anche
la parte compositiva: infatti, una delle caratteristiche dei direttore della Cappella
Sistina è ampliare il repertorio.
D. – C’è qualcosa che hanno in comune, questi
direttori?
R. – Sì: intanto, la consapevolezza di essere in un posto unico
e poi soprattutto la percezione esatta del fatto che devono essere l’eccellenza per
quanto riguarda la polifonia romana del Cinquecento e del Seicento. Il problema è
come: da questo non se ne uscirà mai.
D. – Perché questa Cappella è stata la
più famosa, la più importante?
R. – Perché nella sua storia entra Palestrina,
che ha scritto gli offertori per tutte le domeniche liturgiche, patrimonio che possiede
solamente la Cappella Sistina. E poi, ovviamente, anche il patrimonio di esecuzione
vocale che si è portato avanti nei secoli: è uno sviluppo che ha avuto esclusivamente
questa Cappella. Poi, ci sono stati momenti di eccellenza assoluta: tra questi, il
periodo in cui è stata diretta da Perosi … Ma la cosa importante è la sua eredità:
nei fondi della Cappella Sistina ci sono opere che non ci sono in nessuna altra parte
del mondo.
D. – Oggi la Cappella Sistina cosa canta, e come?
R. – Oggi
la Cappella Sistina sta affrontando un riavvicinamento ad una lettura – se vogliamo
– filologica della polifonia romana e del Seicento, e quindi senza molti ornamenti
… Al tempo stesso, anche grazie alle direttive di questo Pontificato, è stata aperta
una strada verso la musica di oggi: si sono introdotti in repertorio brani del Novecento
e si è aperta anche una serie di collaborazioni …
D. – Cito le parole dell’attuale
direttore sulla Cappella Sistina... parla di essere un punto di riferimento internazionale
che esprima con il suo operare la cattolicità della Chiesa …
R. – Certo: questa
è proprio la mission della Cappella Sistina, ed è appunto quello che sta cercando
di fare Palombella, invitando altri cori ma anche andando a cantare assieme ad altri
cori. Questo non significa in nessun modo perdere la propria identità: significa solamente
acquisire le grandi cose che sono state fatte da molti cori degni di attenzione.