2013-01-21 15:35:49

Colombia. Le Farc annunciano la fine della tregua unilaterale


Le Farc, Forze armate rivoluzionarie della Colombia, hanno annunciato la fine della tregua unilaterale, mai accettata da Bogotà. Il governo Santos ha ammesso che i rivoluzionari "in termini generali", hanno rispettato il “cessate il fuoco”, ma anche che c'è il pericolo di nuovi attentati terroristici. I vescovi della Colombia hanno chiesto alle Farc di continuare la tregua. Ma questa decisione segna la fine della trattativa che si sta tenendo a Cuba? Massimiliano Menichetti lo ha chiesto a Niccolò Locatelli, esperto di America Latina per le riviste di Geopolitica Limes e Aspenia online:RealAudioMP3

R. – Le trattative di pace andranno avanti a Cuba. Questa fine della tregua dichiarata dalle Farc non altera il livello politico del negoziato. Questo è l’aspetto militare della questione. I due piani sono totalmente separati.

D. – Quindi, la decisione del governo Santos di non accettare la tregua, che ha comportato la revoca da parte delle Farc, è soltanto una mossa tattica di Bogotà?

R. – Il governo sa di avere a che fare oggi con una guerriglia che è molto più debole di quanto era dieci o quindici anni fa, anche sul piano militare. Quindi ritiene di non dover concedere molto in corso d’opera. Questo eventuale cessate il fuoco non avrebbe portato grandissimi benefici sul piano politico e della trattativa. Facendo così invece il governo dimostra di essere politicamente più forte, perché rifiuta un’offerta, e lancia alle Farc il segnale del fatto che non è una trattativa tra due soggetti di pari livello e ha più armi a sua disposizione.

D. – Cosa cambia tra questo negoziato e quello poi fallito tra il ’98 e il 2002?

R. – Sono due le grosse novità: da una parte c’è la forza militare delle stesse Farc, che si è enormemente ridotta - ricordiamo che le Farc sono nate nel ’64, hanno contato anche 25 mila militanti e ora questo numero è sceso enormemente sotto i diecimila - dall’altra parte, la grande novità di questo round di trattative è la presenza, nel ruolo rispettivamente di Paese garante e Paese accompagnatore, di Cuba e del Venezuela, che affiancano rispettivamente la Norvegia e il Cile. Quindi c’è un dato regionale di cui bisogna tenere conto in questo caso.

D. – Come cambia, in riferimento a queste trattative, a questi negoziati, lo scacchiere regionale dell’area?

R. – Si può aggiungere un elemento al giudizio storico sia sul ruolo di Fidel Castro a Cuba sia sul ruolo di Hugo Chavez in Venezuela. Questi due Paesi infatti sono sempre stati considerati – Cuba naturalmente dalla rivoluzione castrista del ’59 e il Venezuela da quando nel ’99 è entrato in carica Chavez – Paesi antisistema, fonti di minaccia, non soltanto per la democrazia, ovviamente nel loro Paese, ma anche in tutta la regione, e nel caso di Cuba, se vogliamo, anche a livello mondiale, perché con Castro hanno portato avanti una politica che prevedeva aiuti economici e militari a tutta una serie di guerriglie, non però quella colombiana. Lo stesso Venezuela ha avuto negli anni scorsi un progetto teso a sostituire la prevalenza degli Stati Uniti in America Latina, progetto che poi in realtà non è mai andato a buon fine. La loro presenza, in questo ruolo di mediatori, però, può indicare la loro volontà di essere visti non soltanto come forze antisistema. Questo, per quanto riguarda loro due. Naturalmente, poi, il Venezuela è più interessato alla vicenda, perché condivide una frontiera di oltre duemila chilometri con la Colombia, ospita 200 mila rifugiati colombiani, in fuga dal conflitto. Quindi, una soluzione del conflitto in Colombia aiuterebbe enormemente anche l’economia e la politica venezuelana.

D. – Il cessate il fuoco, insieme alla questione del traffico della droga, ai diritti civili, ai risarcimenti, alla questione territoriale, è uno dei punti centrali del tavolo delle trattative...

R. – Un conto è il cessate il fuoco durante le trattative, che è quello che è stato dichiarato concluso ieri dalle Farc; un conto invece è la fine totale e completa delle violenze, che è uno dei punti del negoziato e che storicamente è uno dei punti che ha causato il fallimento delle precedenti trattative tra il governo di Bogotà e le guerriglie. In particolare, perché da una parte le Farc, anche quando avevano siglato precedenti accordi, non hanno poi smobilitato completamente il loro apparato militare, dall’altra perché l’esercito o una serie di guerriglie paramilitari di destra in Colombia ha fatto delle Farc il suo bersaglio preferito, proprio nei momenti in cui c’erano queste trattative ed erano stati appena siglati questi accordi. Il tema delle armi, dunque, è uno dei più importanti se vogliamo ed è stato causa dei fallimenti precedenti. Naturalmente, per arrivare ad una pace duratura sarà fondamentale garantire agli ex componenti di questa guerriglia un loro, per quanto possibile, pacifico reinserimento nella vita politica della Colombia. Naturalmente alla base di questo c’è la garanzia della loro sicurezza.







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