Colombia. Le Farc annunciano la fine della tregua unilaterale
Le Farc, Forze armate rivoluzionarie della Colombia, hanno annunciato la fine della
tregua unilaterale, mai accettata da Bogotà. Il governo Santos ha ammesso che i rivoluzionari
"in termini generali", hanno rispettato il “cessate il fuoco”, ma anche che c'è il
pericolo di nuovi attentati terroristici. I vescovi della Colombia hanno chiesto alle
Farc di continuare la tregua. Ma questa decisione segna la fine della trattativa
che si sta tenendo a Cuba? Massimiliano Menichetti lo ha chiesto a Niccolò
Locatelli,esperto di America Latina per le riviste di Geopolitica Limes
e Aspenia online:
R. – Le trattative
di pace andranno avanti a Cuba. Questa fine della tregua dichiarata dalle Farc non
altera il livello politico del negoziato. Questo è l’aspetto militare della questione.
I due piani sono totalmente separati.
D. – Quindi, la decisione del governo
Santos di non accettare la tregua, che ha comportato la revoca da parte delle Farc,
è soltanto una mossa tattica di Bogotà?
R. – Il governo sa di avere a che fare
oggi con una guerriglia che è molto più debole di quanto era dieci o quindici anni
fa, anche sul piano militare. Quindi ritiene di non dover concedere molto in corso
d’opera. Questo eventuale cessate il fuoco non avrebbe portato grandissimi benefici
sul piano politico e della trattativa. Facendo così invece il governo dimostra di
essere politicamente più forte, perché rifiuta un’offerta, e lancia alle Farc il segnale
del fatto che non è una trattativa tra due soggetti di pari livello e ha più armi
a sua disposizione.
D. – Cosa cambia tra questo negoziato e quello poi fallito
tra il ’98 e il 2002?
R. – Sono due le grosse novità: da una parte c’è la forza
militare delle stesse Farc, che si è enormemente ridotta - ricordiamo che le Farc
sono nate nel ’64, hanno contato anche 25 mila militanti e ora questo numero è sceso
enormemente sotto i diecimila - dall’altra parte, la grande novità di questo round
di trattative è la presenza, nel ruolo rispettivamente di Paese garante e Paese accompagnatore,
di Cuba e del Venezuela, che affiancano rispettivamente la Norvegia e il Cile. Quindi
c’è un dato regionale di cui bisogna tenere conto in questo caso.
D. – Come
cambia, in riferimento a queste trattative, a questi negoziati, lo scacchiere regionale
dell’area?
R. – Si può aggiungere un elemento al giudizio storico sia sul ruolo
di Fidel Castro a Cuba sia sul ruolo di Hugo Chavez in Venezuela. Questi due Paesi
infatti sono sempre stati considerati – Cuba naturalmente dalla rivoluzione castrista
del ’59 e il Venezuela da quando nel ’99 è entrato in carica Chavez – Paesi antisistema,
fonti di minaccia, non soltanto per la democrazia, ovviamente nel loro Paese, ma anche
in tutta la regione, e nel caso di Cuba, se vogliamo, anche a livello mondiale, perché
con Castro hanno portato avanti una politica che prevedeva aiuti economici e militari
a tutta una serie di guerriglie, non però quella colombiana. Lo stesso Venezuela ha
avuto negli anni scorsi un progetto teso a sostituire la prevalenza degli Stati Uniti
in America Latina, progetto che poi in realtà non è mai andato a buon fine. La loro
presenza, in questo ruolo di mediatori, però, può indicare la loro volontà di essere
visti non soltanto come forze antisistema. Questo, per quanto riguarda loro due. Naturalmente,
poi, il Venezuela è più interessato alla vicenda, perché condivide una frontiera di
oltre duemila chilometri con la Colombia, ospita 200 mila rifugiati colombiani, in
fuga dal conflitto. Quindi, una soluzione del conflitto in Colombia aiuterebbe enormemente
anche l’economia e la politica venezuelana.
D. – Il cessate il fuoco, insieme
alla questione del traffico della droga, ai diritti civili, ai risarcimenti, alla
questione territoriale, è uno dei punti centrali del tavolo delle trattative...
R.
– Un conto è il cessate il fuoco durante le trattative, che è quello che è stato dichiarato
concluso ieri dalle Farc; un conto invece è la fine totale e completa delle violenze,
che è uno dei punti del negoziato e che storicamente è uno dei punti che ha causato
il fallimento delle precedenti trattative tra il governo di Bogotà e le guerriglie.
In particolare, perché da una parte le Farc, anche quando avevano siglato precedenti
accordi, non hanno poi smobilitato completamente il loro apparato militare, dall’altra
perché l’esercito o una serie di guerriglie paramilitari di destra in Colombia ha
fatto delle Farc il suo bersaglio preferito, proprio nei momenti in cui c’erano queste
trattative ed erano stati appena siglati questi accordi. Il tema delle armi, dunque,
è uno dei più importanti se vogliamo ed è stato causa dei fallimenti precedenti. Naturalmente,
per arrivare ad una pace duratura sarà fondamentale garantire agli ex componenti di
questa guerriglia un loro, per quanto possibile, pacifico reinserimento nella vita
politica della Colombia. Naturalmente alla base di questo c’è la garanzia della loro
sicurezza.