Ancora violenza in Siria. Mons. Zenari: è una tragedia quotidiana
In Siria, almeno dieci persone sono rimaste uccise sabato scorso e altre decine ferite
in un raid aereo delle forze del regime su un sobborgo di Damasco. Intanto il ministro
degli Esteri siriano è tornato a respingere ogni ipotesi di rimozione del presidente
Assad, mentre Parigi annuncia per il 28 gennaio una riunione dell'opposizione siriana.
Si continua, dunque, a vivere un clima di violenza, in Siria, come conferma, al microfono
di Debora Donnini, il nunzio apostolico a Damasco, mons. Mario Zenari:
R. – La situazione,
purtroppo, da quello che vediamo e sentiamo anche con le nostre orecchie, va di male
in peggio. Qui, a Damasco, sono quotidiane le esplosioni che si sentono, i voli aerei
dei cacciabombardieri che si levano in volo… In altre parti del Paese è la stessa
cosa. Direi che purtroppo è diventata una tragedia quotidiana, le esplosioni, gli
attacchi… Purtroppo, la soluzione di questo conflitto sembra farsi sempre più ingarbugliata,
con ogni giorno che passa: è molto difficile vedere la fine del tunnel.
D.
– Al dramma della violenza e dei morti, si aggiunge un inverno particolarmente rigido
che sta pesando molto sulle persone…
R. – Questo inverno è incominciato in
una maniera più rigida del solito: è caduta abbondante neve, una settimana fa. La
gente non sa più come riscaldarsi e come scaldare il cibo. Ho sentito dire che in
alcuni posti, ad esempio ad Aleppo, la gente ha anche incominciato a tagliare gli
alberi, che è proibito perché in alcune zone della Siria si è al limite del deserto:
tagliare una pianta, quindi, è una cosa gravissima. Però, questa povera gente non
ha gas né gasolio, non sa come scaldarsi quel po’ di cibo né come scaldare l’acqua
e quindi si arriva anche a questo. Guardando la situazione in generale – l’inverno
e la penuria di cibo, di medicinali, di coperte e del riscaldamento di casa per tanta
gente – io credo che siamo veramente in una situazione di emergenza, di una grave
crisi umanitaria e che la comunità internazionale debba agire, prenderne atto e sollecitare
le parti in conflitto ad una tregua umanitaria. La gente non può più sostenere questa
rigida stagione invernale con scarsità enorme di cibo, di vestiario e di medicinali.
D.
– In che modo la fede sta aiutando i cristiani ad affrontare questa grave situazione?
R.
– I cristiani, qui in Siria, sono cittadini arabi, siriani a pieno titolo e anche
loro soffrono le terribili conseguenze di questo sanguinoso e lungo conflitto. Anche
loro hanno avuto vittime e feriti, anche loro sono stati sfollati e tanti di loro
non hanno lavoro, come tutti, e soffrono la stessa situazione di povertà e di indigenza.
Tra le vittime, vorrei ricordare una suora che nell’esplosione di alcuni giorni fa,
avvenuta all’università di Aleppo, mentre stava tornando a casa – era già vicina al
suo convento – purtroppo non è tornata a casa: si teme che, poveretta, abbia condiviso
la sorte delle vittime di questa terribile esplosione.
Intanto, l’Alto Commissario
Onu per i diritti umani, Navi Pillay, torna a chiedere l’intervento della Corte penale
internazionale dell'Aja (Cpi), per giudicare i crimini contro l’umanità commessi in
questa guerra civile. Richiesta questa che ha ricevuto dure critiche da parte del
governo siriano. Secondo l’ultimo bilancio delle Nazioni Unite, si contano complessivamente,
dal marzo 2011, 60 mila morti, in media cinquemila al mese. Cecilia Seppia
ha chiesto l'opinione di padre Gonzalo Ruiz, vicario generale dell’Istituto
del Verbo Incarnato, che in Siria ha diverse missioni:
R. – In queste
ultime settimane, l’offensiva è stata molto forte. Anche l’accerchiamento di Aleppo,
per esempio, dove si trovano molti dei nostri missionari, si fa sempre più serrato,
più duro, i bombardamenti più pesanti, anche sulle zone cristiane della città. La
gente è veramente molto delusa, anche se conserva ancora la speranza di ricevere aiuto,
che questa guerra sia fermata. Perché si potrebbe davvero fermare la guerra con interventi
più decisi.
D. – Difficile la situazione dei cristiani, come diceva lei. I
quartieri cristiani di Damasco e di Aleppo vengono costantemente bombardati. E’ così?
R.
– Sì, è così. Il più grande quartiere cristiano di Aleppo è stato bombardato soltanto
in questi ultimi giorni, quelle bombe esplose tre giorni fa all’Università di Aleppo
che confina proprio con il quartiere cristiano… Ci sono molte, molte vittime tra i
cristiani – sono stati colpiti i conventi di religiosi e di religiose – e ci sono
tanti, tanti feriti. Per due giorni, i nostri sacerdoti non hanno fatto che assistere
i feriti, dando l’unzione degli infermi, ascoltando le confessioni e portando un po’
di conforto. Però, insomma, la situazione è molto delicata anche per i cristiani che
si sentono sempre meno protetti.
D. – Duramente colpita tutta la popolazione
civile. In particolare, ci arrivano notizie veramente drammatiche per quanto riguarda
i bambini: 30-40 bambini che muoiono ogni giorno sotto le bombe…
R. – E’ vero
che stanno colpendo i centri della vita della città. Colpiscono i mercati, l’università,
le scuole e lì è sempre pieno di gente e ci sono anche tanti bambini. Per esempio,
una delle bombe che tre giorni fa ha colpito Aleppo è caduta proprio sulla rotatoria
di accesso all’Università, in un orario in cui era pieno di gente, di taxi, di bus,
di pullman che portano gli studenti, e dunque ha fatto una strage veramente impressionante
che ha lasciato anche tanti orfani.
D. – C’è anche l’emergenza profughi: che
cosa si può fare per loro, per sostenerli? O cosa state già facendo?
R. – Un
altro problema grosso, adesso, è la mancanza di gas e di riscaldamento. Questi giorni
sono molto freddi e dunque la gente veramente soffre molto il freddo e anche la fame.
Noi stiamo cercando di aiutare i profughi dei quali si dice che ad Aleppo siano quasi
un milione. Tramite i nostri sacerdoti, tramite il vescovo latino, mons. Giuseppe
Nazzaro, abbiamo aperto un sito web in ci si trova il modo di poter aiutare, che si
chiama “SOS cristiani in Siria”. Lì ci sono le notizie che danno i nostri Padri, le
nostre suore, ma è indicato anche il modo concreto per aiutare. Nel loro piccolo,
sono riusciti ad aprire anche qualche piccola possibilità di lavoro, perché c’è tanto
da fare: riescono a dare un piccolo compenso alle persone che hanno famiglie numerose,
che sono rimaste senza lavoro, che veramente patiscono la fame. Dunque, qualsiasi
aiuto è benvenuto.