Il patriarca Younan: cristiani del Medio Oriente in grave difficoltà, diritti umani
dimenticati
“Rimanete in Medio Oriente”: è l’appello che il patriarca siro-cattolico Youssif
Younan,in questi giorni a Roma, ha lanciato ai cristiani che sono in quella
regione. Un’area che, negli ultimi anni, è stata investita dalla primavera araba con
inevitabili ripercussioni sulla vita delle persone. In proposito il patriarca ha espresso
preoccupazione per la violazione dei diritti umani e per la condizione delle minoranze
religiose. Benedetta Capelli lo ha intervistato per Octava Dies, settimanale
del Centro Televisivo Vaticano:
R. - Noi cristiani
nel Medio Oriente stiamo attraversando la fase più critica della storia della nostra
Chiesa e di tutte le Chiese perché, nonostante quanto si dica sulla primavera araba,
i diritti umani sono stati dimenticati.
D. - Cosa possono fare le comunità
cristiane d’Occidente, oltre alla preghiera? La vicinanza del Papa è sentita?
R.
- Sì. Il Santo Padre ci ha benedetti quando nel settembre scorso è venuto in visita
in Libano. Ci ha chiamati a vivere veramente quel legame di vera solidarietà nella
libertà e nella verità, perché tutti i popoli del Medio Oriente possano vivere assieme
con pieno diritto di cittadinanza. Quindi noi cristiani del Medio Oriente contiamo
molto sulle preghiere e sulla solidarietà spirituale dei nostri fratelli e sorelle
delle Chiese dell’Occidente, richiamandoli ad essere coraggiosi, fedeli ai principi
e ai valori cristiani.
D. - C’è speranza per i cristiani del Medio Oriente,
oppure l’attualità - ad esempio il conflitto siriano - sta condizionando la situazione?
R.
- La situazione in Siria è disastrosa. È il popolo che soffre, - non il regime, non
coloro che finanziano i movimenti di opposizione - molti innocenti vengono uccisi,
rimangono feriti, c’è tanta gente che fugge dal Paese e noi ne abbiamo testimonianza.
Siamo in contatto con i nostri vescovi, con il clero, con i fedeli. Nuovamente richiamiamo
i potenti in Occidente ad essere mediatori di pace e di vera riconciliazione. Tutti
dobbiamo cercare - come il Santo Padre ha detto - di abbandonare la violenza per trovare
punti di riconciliazione, di dialogo, affinché si possa salvare il Paese.
D.
- Un mese fa, a Baghdad, c’è stata l’inaugurazione della Cattedrale siro-cattolica
di “Nostra Signora del Perpetuo Soccorso”, teatro il 31 ottobre 2010 di una strage
compiuta da un commando di al Qaeda in cui morirono circa 50 fedeli e due sacerdoti.
Che cosa ha significato ridare vita a questa chiesa irachena?
R. - Abbiamo
cercato di infondere nuovamente lo spirito di speranza nei nostri fedeli affinché
restassero nel loro Paese e nelle loro città. Abbiamo chiesto al governo iracheno
di fare di più, affinché i cristiani si sentano nel loro Paese come veri cittadini,
e possano godere a pieno dei loro diritti umani, perché tutti hanno diritto di essere
rispettati a prescindere dalla religione, dall’etnia di appartenenza.
D. -
Un commento sull’Egitto, dove i Fratelli musulmani hanno messo mano alla Costituzione
dandogli una svolta che in molti hanno criticato….
R. - Una vera democrazia
non è quella solamente numerica. I Fratelli musulmani cercano di mostrare che sono
democratici, che rispettano gli altri, ma purtroppo questa non è la verità. Finché
non avviamo un sistema di governo che dà a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò
che è di Dio, ci saranno sempre dei problemi perché anche nell’Islam non c’è solamente
una confessione o una sola interpretazione della sharia, ce ne sono diverse. Come
pastori della Chiesa non vogliamo entrare nelle questioni politiche, però il nostro
dovere è di difendere i diritti di tutti. Ai cristiani del Medio Oriente dico: “Rimanete
dove siete, cercate di cambiare il sistema in modo democratico, e abbiate il coraggio
di far conoscere i vostri diritti e sperare sempre che la verità vinca su tutto!”.