2013-01-18 17:05:19

Algeria: ancora sotto assedio l'impianto di In Amenas


La Francia ponga fine alla guerra in Mali. Questa la richiesta dei miliziani islamici in cambio del rilascio degli ostaggi trattenuti nell’impianto di gas di In Amenas, in Algeria. Da parte loro gli Stati Uniti respingono la richiesta dei terroristi di scambiare due ostaggi americani con due terroristi detenuti negli Usa. Intanto ha suscitato il disappunto dei governi occidentali il sanguinoso blitz condotto giovedì dalle forze algerine contro un convoglio di jihadisti in fuga dall'impianto. Paolo Ondarza:RealAudioMP3

Un operazione che ha permesso di salvare 100 dei 132 ostaggi catturati dai jihadisti ed evitare il disastro, secondo Algeri; un intervento non concordato secondo Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Norvegia e Giappone. Suscita polemiche l’attacco di ieri delle forze di sicurezza algerine contro un convoglio di jihadisti in fuga dall'impianto per il trattamento del gas di In Amenasgestito da Bp, Sonatrach e Statoil. Nel blitz sarebbero morti trenta ostaggi e 18 rapitori. Decine i dispersi. Secondo testimoni l'esercito algerino avrebbe aperto il fuoco su jeep all’interno delle quali si trovavano ostaggi durante un trasferimento. In queste ore le forze algerine circondano il gigantesco complesso dove resta asserragliato un gruppo di terroristi nelle cui mani potrebbero essere ancora almeno trenta ostaggi stranieri. In 650, per lo più algerini, secondo l’agenzia Aps, sono già tornati in libertà. Il governo assicura di voler cercare una soluzione pacifica, mentre i miliziani minacciano di colpire altre installazioni straniere e, attraverso il loro leader, Mokhtar Belmokhtar, un veterano dell’Afghanistan, dettano le condizioni: la fine delle operazioni francesi in Mali e, in cambio di due ostaggi americani, il rilascio di due superterroristi attualmente in carcere negli Usa; tra questi c'è Omar Abdel Rahman, ritenuto l’ispiratore dell'attacco al World Trade Center del 1993. “Non negoziamo con i terroristi” risponde la Casa Bianca che segue con attenzione l’evolversi dei fatti.

L’attacco terroristico in Algeria è in stretta relazione con quanto accade in Mali, lo Stato dell’Africa occidentale dove sono intervenuti i militari francesi in seguito all’occupazione del Nord da parte di forze islamiste e terroristiche. Nell’intervista di Fausta Speranza, il prof. Angelo Turco, della Università Iulm di Milano:RealAudioMP3

R. – C’è una connessione molto stretta tra quello che è successo in Algeria e la guerra nel Nord del Mali, dove la componente qaedista è molto forte tra le forze terroristiche. La connessione è data dal fatto che le forze di Al Qaeda nel Nord del Mali erano presenti massicciamente: una componente robusta e certamente strutturata del terrorismo internazionale presente nelle aree desertiche maliane. L’intervento francese, che conosciamo, ha determinato un capovolgimento importante dei rapporti di forza in quella zona e prelude, peraltro, ad un intervento internazionale più consistente. L’attacco in Algeria, quindi, è stato una risposta di Al Qaeda all’attacco francese, alla messa in moto di tutta la macchina di intervento militare in Mali. Una quota consistente dei quaedisti che operano in Mali è di provenienza algerina: quello è – per così dire – il loro terreno quanto a teatro di offesa e di combattimento.

D. – Cosa può significare per il Paese che si giochi proprio in questi giorni e in Algeria questa battaglia?

R. – Il teatro algerino è un teatro nel quale si è svolta una lunga, sanguinosa, dolorosa battaglia anti-terroristica in cui l’Occidente, per il vero, c’è entrato molto poco, ed è stata combattuta dagli algerini: dalla costellazione dei nuovi poteri algerini, che è una costellazione molto complessa, un potere militare, un potere che poi gradualmente è divenuto sempre più di matrice civile evolvendo verso modelli di rappresentanza democratica. E’ una rappresentanza democratica evidentemente non compiuta ma certamente significativa … Quindi, qui non si tratta di uno scontro di civiltà tra Occidente e terrorismo: qui c’è un complesso di forze e di Paesi che è colpito dal terrorismo, che minaccia di essere destabilizzato dal terrorismo, e reagisce. Il fatto che il terrorismo abbia colpito in Algeria ha delle cause storiche.

D. – Che dire della presenza di Al Qaeda in altri Paesi africani?

R. – Intanto, incominciamo a dire che Al Qaeda c’è. Chi si era illuso che ci fosse un’eclisse dell’organizzazione farebbe bene a ritornare sui propri passi e acquisire l’idea che Al Qaeda non è un’organizzazione terroristica di tipo tradizionale, gerarchica, compatta ma è piuttosto una costellazione di gruppi che hanno una grande autonomia, sia organizzativa, sia finanziaria, sia di armamenti, uomini, tecniche e possibilità di combattimento locale. E’ una grande costellazione che si può muovere con grande autonomia.







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