Nessun cattolico in politica può rappresentare la Chiesa
Antonio Maria Baggio, politologo, docente Filosofia Politica Istituto univers.Sophia,
Loppiano (Fi) Il cristiano
porta in politica la sua capacità di amare. Tutto ciò che egli fa, quindi, deve essere
amore, come viene chiamato da molti “amore sociale”, prima di tutto da Sant’Agostino.
Benedetto XVI ha sottolineato tante volte questa scelta importante che il cristianesimo
ha fatto nella storia, cioè di non voler dare una interpretazione religiosa al diritto,
cioè di avere voluto sempre organizzare il sociale, basandosi sulla natura umana e
sulla ragione. Questa essenzialità del cristiano, quindi, che porta in politica la
sua capacità di amare, che si costruisce anche nella famiglia, nella Chiesa, e la
porta in società, assume poi un linguaggio che non è più un linguaggio ecclesiale
o un linguaggio confessionale, ma è il linguaggio della ragione universale. Bisogna
evitare in tutti i modi di dare l’impressione che una persona che opera in un movimento,
in una realtà ecclesiale, se la porti dietro entrando in politica. C’è stata in queste
settimane la formazione delle liste e molti sono stati contattati dai partiti, perché
volevano a tutti i costi che dentro la loro lista ci fosse, che so, il rappresentante
del Movimento dei Focolari o dell’Azione Cattolica o degli Scout ecc… Questo è un
modo perverso di ragionare, perché nessuno dei cattolici può entrare in politica pensando
di rappresentare una realtà ecclesiale. Non è quello il ruolo, infatti: non è la Chiesa
che entra in politica, sono le persone che riportano quello che loro hanno e sono.
(a cura di Luca Collodi)