Baggio: cattolici dei movimenti ecclesiali in politica senza strumentalizzazioni
In Italia, il dibattito politico si fa sempre più acceso in vista delle elezioni del
24 e 25 febbraio. Tra gli altri temi sul tappeto c’è anche la questione del ruolo
dei cattolici in questo delicato passaggio storico del Paese. Luca Collodi
ha intervistato, in proposito, il prof. Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia
politica all’Università Sophia di Loppiano, fondata dal Movimento dei Focolari:
R. – L’idea
di base è che il cristiano porta in politica la sua capacità di amare. Tutto ciò che
egli fa, quindi, deve essere amore, come viene chiamato da molti “amore sociale”,
prima di tutto da Sant’Agostino. Benedetto XVI ha sottolineato tante volte questa
scelta importante che il cristianesimo ha fatto nella storia, cioè di non voler dare
una interpretazione religiosa al diritto, cioè di avere voluto sempre organizzare
il sociale, basandosi sulla natura umana e sulla ragione. Questa essenzialità del
cristiano, quindi, che porta in politica la sua capacità di amare, che si costruisce
anche nella famiglia, nella Chiesa, e la porta in società, assume poi un linguaggio
che non è più un linguaggio ecclesiale o un linguaggio confessionale, ma è il linguaggio
della ragione universale.
D. – Oggi molti cattolici di movimenti e associazioni
ecclesiali entrano in politica...
R. – Noi continuiamo sempre a ripetere, perché
è vero storicamente, che dalla Chiesa viene un nutrimento per la società sia come
idee, che come testimonianze e come persone preparate. Quindi, il passaggio da un
impegno sociale, dove le persone maturano, ad un impegno politico nelle istituzioni,
è naturale. Bisogna naturalmente presidiare ambedue gli spazi. Questi passaggi dal
sociale al politico, che sono logici e naturali, e sono la salute stessa della dimensione
politica, delle istituzioni - quindi vanno fatti - vanno fatti bene però. Anzitutto,
vanno fatti in piena autonomia e come scelta personale di colui che li fa. Bisogna
evitare in tutti i modi di dare l’impressione che una persona che opera in un movimento,
in una realtà ecclesiale, se la porti dietro entrando in politica. C’è stata in queste
settimane la formazione delle liste e molti sono stati contattati dai partiti, perché
volevano a tutti i costi che dentro la loro lista ci fosse, che so, il rappresentante
del Movimento dei Focolari o dell’Azione Cattolica o degli Scout ecc… Questo è un
modo perverso di ragionare, perché nessuno dei cattolici può entrare in politica pensando
di rappresentare una realtà ecclesiale. Non è quello il ruolo, infatti: non è la Chiesa
che entra in politica, sono le persone che riportano quello che loro hanno e sono.
Quindi, bisogna guardarsi bene dall’entrare in politica, dando questa falsa impressione,
che ci sia una “ecclesialità” che entra in politica. Non è così. Si entri pure in
politica, allora, però – attenzione - avendo cura di non farsi strumentalizzare.