A Diyarbakir i funerali delle tre militanti curde uccise a Parigi
Si sono tenuti ieri a Diyarbakir, la capitale del Kurdistan turco i funerali delle
tre militanti curde legate al Pkk, ritrovate morte giovedì scorso a Parigi. Martedì
nei pressi della capitale francese, prima del rimpatrio, in tanti, provenienti da
Italia, Austria, Germania e Gran Bretagna, hanno reso omaggio alle salme. Nel frattempo,
stanno continuando i raid turchi contro obiettivi curdi nel Nord dell'Iraq. Diversi
analisti hanno collegato l'assassinio con le trattative avviate per una soluzione
politica del conflitto del Kurdistan turco dal governo di Ankara con Ocalan, il leader
del Pkk detenuto nell'isola carcere turca di Imrali. Del negoziato e della questione
curda Fausta Speranza ha parlato con il prof. Raffaele Marchetti, docente
di relazioni internazionali all’Università Luiss di Roma:
R. - Naturalmente
da parte di Ankara l’interesse è di tipo politico ma anche economico. Sappiamo che,
ad esempio, nel territorio curdo in Iraq c’è un’intensa crescita economica. Da questo
punto di vista il governo turco potrebbe sfruttare molto - in termini economici -
questo tipo di accordo. Quello che il governo turco può o cerca è naturalmente la
risoluzione della questione militare, e quindi l’immediata consegna delle armi e il
cessate il fuoco.
D. - Invece Ankara quali concessioni potrebbe fare?
R.
- Concessioni in termini di autonomia, che sono quelle che oggi i partiti e i gruppi
curdi cercano. È stata in qualche modo abbandonata la vecchia aspirazione all’indipendenza,
e quindi si cercano misure meno repressive nei confronti dei partiti e delle associazioni
curde, si cercano ad esempio riconoscimenti della lingua curda, e quindi un suo uso
maggiore nell’educazione nelle scuole pubbliche turche, e si cerca anche un riconoscimento
in qualche modo politico.
D. - Ci ricordava che la questione curda non è soltanto
questione turca ma è di tutta l’area. Dunque, che cosa ipotizzare circa i possibili
sviluppi dopo questo negoziato che riguarda strettamente la Turchia?
R. -
Naturalmente se questo tipo di colloquio sfociasse in un processo di pacificazione,
avrebbe degli effetti positivi su tutta l’area e permetterebbe alla Turchia di avere
una capacità di intervento oltre confine, come in Siria, in Iraq - naturalmente la
parte iraniana è molto più complessa - e quindi in qualche modo agevolerebbe quella
politica di proiezione internazionale che la Turchia ormai persegue da molti anni.
Certamente, questo sarebbe un fattore che permetterebbe di stabilizzare, o quanto
meno di ridurre, l’instabilità Mediorientale.
D. - Ricordiamo i Paesi che sono
toccati dalla questione curda?
R. - In primis naturalmente la Turchia, poi
l’Iraq, la Siria e l’Iran, anche se in parte minore.
D. - Una parola sulla
vicenda dell’uccisione delle tre militanti curde avvenuta a Parigi una settimana fa…
R.
- È naturalmente un assassinio di prim’ordine che crea dei problemi alla trattativa
in corso tra il governo turco e le parti curde. Naturalmente, non si sa chi ci sia
dietro, ma possiamo immaginare che gli attori dietro questo tipo di assassinio siano
coloro che sono contrari alla trattativa di pace; quindi parti all’interno sia della
compagine turca, sia all’interno di quella curda più estremiste, nazionaliste o militanti.Queste sono parti che probabilmente non vedono di buon occhio questo tipo di trattative.
Poi ci sono anche illazioni sul coinvolgimento di altri attori, come ad esempio i
siriani, che certamente non hanno interesse riguardo il fatto che la questione curda
venga risolta dalla Turchia.