2013-01-15 15:17:04

Siria: strage all'Università di Aleppo. Lettera all’Onu per fermare i reati contro l’umanità


Nuovo attentato oggi in Siria all’Università di Aleppo, nel nord del Paese. Le prime fonti ufficiali riferiscono di 15 morti. Fonti locali di attivisti hanno riferito intanto di almeno 50 persone rimaste senza vita tra la notte scorsa e stamani, soprattutto a causa di pesanti bombardamenti governativi su Hula nella provincia di Homs. E intanto si levano voci contro le violazioni dei diritti umani da parte di Damasco: senza un’azione contro l’impunità, non ci sarà pace duratura in Siria. Per questo, 57 Paesi, capeggiati dalla Svizzera, hanno inviato ieri una lettera al Consiglio di Sicurezza dell’Onu per chiedere l’intervento della Corte penale internazionale (Cpi). Un provvedimento sollecitato da Amnesty International dall’aprile del 2011, un mese dopo lo scoppio delle ostilità tra il governo di Assad e le opposizioni. Roberta Gisotti ha intervistato Riccardo Noury, portavoce dell’organizzazione umanitaria:RealAudioMP3

D. – Che cosa si spera di ottenere con questa lettera?

R. – Di superare una paralisi che ormai va avanti da quasi due anni all’interno del Consiglio di sicurezza. Non soltanto comitati internazionali per i diritti umani e organizzazioni non governative chiedono che si faccia qualcosa per porre fine all’impunità e ai crimini contro l’umanità, ai crimini di guerra commessi in Siria: il fatto che ci siano ora 57 Stati membri dell’Onu è un segnale importante. Potrebbe essere quello decisivo per avviare finalmente un’indagine da parte del procuratore della Corte penale internazionale.

D. – Intanto, la gente continua a morire in Siria. Un nuovo Rapporto, in questi giorni, dell’organizzazione umanitaria Irc, "International Rescue Committee", denuncia non solo l’uccisione di tanti minori, ma anche lo stupro sistematico di donne. Vi risulta questo terribile fenomeno?

R. – Risulta difficile dire quanto sia pianificato, sistematico e possa essere in qualche modo analogo ad altri casi drammatici del genere, come accaduto in Bosnia e in Rwanda. Non credo siano a quei livelli. E’ certo che anche nelle ricerche effettuate da Amnesty International ci sono stati casi - in particolare nel contesto delle torture, all’interno delle carceri, e durante i raid a terra compiuti dopo i bombardamenti aerei - di violenza e stupro nei confronti di civili, in particolare donne, che sono stati confermati dai nostri ricercatori.

D. – Nella prassi che cosa si può fare?

R. – Intanto, il Consiglio di icurezza dovrebbe togliere quell’ombra di sospetto, un po’ più di un sospetto, che non abbia interesse o abbia perso la volontà, semmai ce l’abbia avuta, di proteggere i civili in Siria. Amnesty International continua a chiedere che ci sia il deferimento alla Corte penale internazionale della Siria rispetto a tutte le parti sospettate di aver commesso i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità. Occorre che i Paesi, gli Stati membri delle Nazioni Unite, esercitino la giurisdizione universale nei confronti di chiunque sia sospettato di avere commesso crimini di guerra e crimini contro l’umanità, che si trovi nei loro Paesi. E certamente, se c’è ancora un margine per una soluzione che non contempli il ricorso alle armi, questa soluzione va esplorata fino in fondo. Resta comunque il problema enorme di chi può sedersi intorno ad un tavolo, riconoscendo nell’altro un interlocutore in un negoziato di pace, su questo potrebbe essere purtroppo troppo tardi. Qualunque cosa accada, c’è una questione che Amnesty International ritiene fondamentale: interrompere l’impunità. Non è possibile per il futuro della Siria che quell’eredità di decenni di repressione vada avanti in maniera impunita.

D. – Nel gruppo di Paesi firmatari è l’Italia, non ci sono Stati Uniti, Russia e Cina. Come valutare queste assenze?

R. – E’ come se ci fosse un’altra stanza, un altro luogo all’interno delle Nazioni Unite, in cui i grandi si riuniscono per fare qualcosa che non è nient’altro che inconcludente retorica fino a oggi. Noi siamo passati in questi due anni quasi dal "cento" – che era quello di minacciare la guerra, ogni volta peraltro spostando in avanti la linea rossa, da non oltrepassare – allo "zero", che è il veto posto da Russia e Cina, in particolare su ogni tentativo significativo di fare una risoluzione da parte del Consiglio di sicurezza, che avesse a che fare con i diritti umani. Quindi, l’idea che ci siano degli Stati membri che pungolano le grandi potenze, le maggiori responsabili di questa retorica inconcludente, è un fatto positivo. Preoccupa certo che poi risultino quasi i destinatari, come se ci fossero due Nazioni Unite, di chi spinge per un intervento della Corte penale internazionale e chi riceve questo invito.







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