"Tutti eravamo terrorizzati.
I ribelli fermavano gli autobus nelle campagne, facevano scendere i passeggeri e poi
salivano tentando di arrivare nella capitale. Di notte la paura aumentava perché ci
veniva detto che potevano fare irruzione nelle case con grande facilità, e commettere
qualsiasi atto di violenza. Se rispondevi che eri un militare o un figlio di un militare
ti uccidevano subito. Le donne dovevano avere per forza il burqa, altrimenti ti mutilavano
all'istante". E' la testimonianza ai nostri microfoni di Massitan Kanté, maliana,
mediatrice culturale, immigrata a Trento da diciassette anni dove è presidente dell'associazione
Mali djiguiya (Mali speranza), che si occupa di progetti
di solidarietà per i bambini del suo paese. Appena tornata dal Mali dopo un
soggiorno di due mesi, racconta: "Quando abbiamo appreso dell'arrivo dei soldati francesi
abbiamo esultato, loro ci danno speranza. Il Mali è poverissimo e non si può permettere
di fare la guerra perché la guerra costa". Enzo Nucci, corrispondente Rai per l'Africa
sub sahariana, parladi "situazione difficile che si prevede lunga, sanguinosa
e di non facile risoluzione". Il giornalista Davide Maggiore, esperto di questioni
africane, spiega le origini dei combattimenti nel paese africano, dove il numero
degli sfollati interni è salito a 230mila, e dove la Francia prevede di dispiegare
un totale di 2.500 soldati, tre volte tanto i militari schierati al momento nel paese.
"Non poche le similitudini con l'Afghanistan, non solo per l'elemento radicale islamico
coinvolto ma anche per il tipo di guerra asimmetrica che si va a combattere". Molti
sono gli interessi geopolitici in ballo: dalle mire sull'uranio presente in Mali,
al petrolio, all'oro, senza tener conto del fatto che il paese è la porta di ingresso
della cocaina proveniente dal sud America. "L'intervento militare francese è giustificabile
ma non è gratis. L'Africa occidentale sarebbe stata scelta come area privilegiata
da parte di Francia e Usa - precisa Maggiore - per avere un accesso alle importanti
materie prime. E' chiaro che un Mali instabile sarebbe un grosso ostacolo alla penetrazione
commerciale". (di Antonella Palermo)