2013-01-14 14:14:30

Haiti: segni di speranza dopo il terremoto: la storia del giovane Roody


Haiti, tre anni dopo il devastante terremoto, è un Paese ancora lacerato da enormi difficoltà. Ma non mancano storie che infondono speranza, nonostante siano segnate da profonde sofferenze. E’ il caso di un giovane studente che era iscritto alla facoltà di ingegneria presso l’Università di Haiti al momento del sisma, arrivato poi in Italia grazie all’impegno della Camillian Task Force. Roody ha 24 anni, è rimasto senza un braccio e senza una gamba a causa del terremoto. “Dopo la forte scossa – ricorda il giovane - ho trascorso due notti sotto le macerie fino a quando ho sentito rumore di elicotteri, ero certo che mi avrebbero trovato”. Purtroppo negli ospedali non c’erano posti e sono tornato a casa per qualche giorno senza ricevere alcuna cura. Quando gli arti hanno iniziato ad infettarsi – spiega Roody - con mio padre sono andato alle tende che la Marina Militare aveva allestito e un soldato mi disse che avrei perso il piede. Dopo l’iniziale sconforto, mi sono affidato alle cure dei medici di bordo che mi hanno amputato un braccio e una gamba. Su quella nave – aggiunge - ho incontrato un padre Camilliano che ha chiesto a noi feriti se ci sarebbe piaciuto andare in un posto più sicuro e così la sera ci hanno portati all’Ospedale Saint Camille, dove hanno iniziato a prendersi cura di noi, gratuitamente. Senza di loro – continua Roody le cui parole sono state riprese dall’agenzia Fides – non avrei potuto sostenere le spese per le cure, hanno provveduto alla protesi, costruita ad Haiti, grazie alla quale ho ripreso a camminare. Nell’ospedale ho incontrato fratel Luca Perletti, che mi ha chiesto se volessi continuare gli studi altrove. Così il 9 ottobre 2011, i Camilliani mi hanno portato in Italia e, ottenuti i documenti dalla mia università di Haiti, ora studio a Milano, dove ho incontrato i volontari dell’associazione della Misericordia che mi stanno aiutando. Voglio finire gli studi – conclude Roody - e cercare un lavoro possibilmente in Italia o in un Paese dove per me è più facile camminare e lavorare”. (A.L.)







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