Egitto: da rifare il processo a Mubarak per le violenze in piazza Tahrir
All’indomani della visita in Egitto del presidente del Consiglio europeo, Van Rompuy,
si registra ancora tensione nel Paese per la decisione, domenica, della Corte di Cassazione
di rifare il processo contro l’ex presidente Hosni Mubarak. Il rais era stato condannato
all’ergastolo per il coinvolgimento nell’uccisione di migliaia di manifestanti durante
le proteste del 2011 che portarono alla caduta del regime. Ma c’era da attenderselo?
Benedetta Capelli ha girato la domanda a Paolo Gonzaga, giornalista
esperto di questioni egiziane:
R. - Credo che
fosse da attenderselo. Con la rivoluzione, non è cambiato tutto in Egitto, ma forse
la cosa principale ad essere cambiata è la mentalità delle persone. Lo Stato, le sue
istituzioni che sono rimaste un po' così com’erano. Anche buona parte della magistratura
è rimasta com’era.
D. - C’è ancora una sorta di influenza dell’entourage di
Mubarak sulla politica egiziana?
R. - Sì, assolutamente. Soprattutto dal punto
di vista degli uomini d’affari e di regime da una parte. Dal punto di vista dell’esercito,
rimane in buona parte ancora legato a Mubarak, dal punto di vista della polizia, soprattutto,
rimane totalmente fedele a Mubarak e in questi due anni non ha svolto nessuna delle
sue funzioni rimanendo tendenzialmente all’interno delle questure rifiutandosi di
lavorare, il che ha portato anche alla situazione attuale di caos che si vive in Egitto.
D.
- Il presidente Morsi ha annunciato che le elezioni legislative si terranno tra tre
mesi. Come arriva al voto il capo della Stato e la sua formazione, i Fratelli musulmani?
R.
- I Fratelli musulmani hanno perso molta della loro popolarità. Credo che abbiano
fatto numerosi errori e che il presidente Morsi non abbia analizzato per bene il blocco
sociale che lo ha eletto. È stato eletto con i voti di tutti coloro che erano contro
il vecchio regime. Questi otto milioni di voti li ha presi da persone che volevano
cambiare e che avevano creduto che i Fratelli musulmani fossero davvero quella formazione
democratica, con un background islamico con il quale si presentavano. Invece purtroppo
poi abbiamo avuto tutti la cattivissima sorpresa di scoprire che i Fratelli musulmani
di oggi sono molto più simili a un Hamas palestinese che Akp turca. Per cui la delusione
è stata forte da parte delle tante persone che avevano votato i Fratelli musulmani
nelle prime elezioni, perché erano un po’ l’unica formazione - storicamente radicata
- che aveva fatto opposizione.
D. - Dall’altra parte l’opposizione sembra essere
uscita compatta dalla battaglia sul testo costituzionale. Su questo fronte cosa attendersi
dal voto?
R. - Tutte le opposizioni erano molto divise, perché abbiamo uno
spettro di opposizioni che va dal centro, da Amr Moussa che è stato appunto il leader
della Lega araba, a persone con tendenze conservatrici, fino ai socialisti rivoluzionari.
Quindi abbiamo uno spettro dell’opposizione estremamente ampio. Questa situazione
- come dicevo - ha unito tutte le opposizioni nel Fronte di salvezza nazionale. Credo
che queste riusciranno a vincere. Tra l’altro, anche alcuni degli ex espulsi dei Fratelli
musulmani oggi sono con le opposizioni.
D. - L’Egitto è proprio sull’orlo del
default. Tra poco saranno due anni dall’inizio di Piazza Tahrir….
R. - Oggi
con il prestito da parte del Fondo monetario internazionale di 4,8 miliardi di dollari,
firmato qualche giorno fa, già iniziano ad implementare le politiche che il Fondo
sta obbligando a fare, quindi tagli dei sussidi, dei finanziamenti sul carburante…
Questo sta provocando un aumento dei prezzi che non potrà che esasperare ulteriormente
una popolazione ormai esasperata, perché dopo due anni dalla rivoluzione la situazione
economica è più che tragica perché l’Egitto non ha più né il turismo che è una delle
principali fonti di entrata, né le rimesse dall’estero, perché la crisi ha purtroppo
tagliato anche questo tipo di entrata. L’industria è quasi ferma, l’economia è veramente
agli sgoccioli.