Dati Eurostat: cala la produzione industriale in Europa, specie in Italia
La produzione industriale a novembre in Europa è calata dello 0,3%. In Italia è scesa
dell'1%. Sono i dati diffusi da Eurostat che mettono in luce il terzo calo consecutivo
nell’ultimo periodo. Il calo si registra anche nella comparazione con i dati di un
anno fa. Per capire se è tutta colpa della crisi o se ci sono altri fattori da mettere
in luce Fausta Speranza ha intervistato il prof.Matteo Càroli,
docente di Economia e gestione delle imprese all’Università Luiss:
R. – Non è solo
un problema di crisi. Stanno venendo al pettine i nodi di una strategia industriale
che in questi anni forse è stata poco attenta o comunque non sufficientemente attenta
alle esigenze di competitività delle produzioni manifatturiere nel nostro Paese.
D.
– Qualche esempio che ci faccia capire meglio?
R. – L’esempio concreto l’abbiamo
nella produzione industriale di autoveicoli, che mi pare sia stato uno dei settori
che ha sofferto di più. E’ chiaro che produrre automobili in Europa è sempre più difficile,
perché il mercato europeo non cresce, anzi è in decrescita, e quindi diventa fondamentale
creare le condizioni nel territorio perché la produzione manifatturiera di automobili
sia competitiva. Questo significa flessibilità del lavoro, significa riduzione di
tutti i costi, gli oneri indiretti che le imprese devono sostenere. Significa sviluppo
di maggiore efficienza anche amministrativa a favore delle imprese.
D. – In
definitiva, sta dicendo che se la produzione industriale cala non è solo colpa della
congiuntura economica della crisi, ma anche di politiche industriali non lungimiranti…
R.
– Riterrei di sì. La crisi ovviamente ha colpito il potere di acquisto delle persone
e quindi ha ridotto i consumi, come sappiamo anche da dati recenti. E’ evidente che
dipende sicuramente da questa crisi, nel senso che la crisi ha enfatizzato un problema
di competitività che nel nostro Paese deve essere risolto in tempi rapidissimi. Dobbiamo
tornare ad essere competitivi nel territorio dove produrre, dove fare attività manifatturiera.
D.
– Si parla di banche che hanno ricevuto soldi dalla Bce ma piuttosto che sostenere
le imprese, le industrie nei vari Paesi si sono preoccupate di fare cassa e comprare
titoli. Questo discorso che vale senz’altro per le imprese, vale anche in qualche
modo per le industrie?
R. – Le banche hanno superato o stanno superando una
fase molto difficile. Era fondamentale lo scorso anno aiutarle a raggiungere e a ritornare
a un equilibrio economico. Da adesso in poi, sarà essenziale che il sistema bancario
giochi la sua parte credendo nei progetti di sviluppo delle imprese e soprattutto
supportando quel vastissimo numero di imprese manifatturiere che stanno per rinnovarsi,
per rilanciarsi, in questa fase di difficoltà dei mercati. Quindi, è chiaro che il
ritorno delle banche al finanziamento delle imprese è un elemento fondamentale, direi
quasi doveroso, per le banche stesse.
D. – Un’Europa che arranca, l’Italia
in particolare?
R. – Noi siamo poco competitivi rispetto a molti Paesi emergenti
ma anche rispetto ad altri Paesi europei. Faccio un esempio. In questi 15 anni – quindi
non è un problema solo di questi ultimissimi anni – la produttività del nostro Paese
si è fermata, mentre quella nei Paesi partner, nei principali Paesi europei, è cresciuta.
Bisogna fare in modo che le imprese tornino a investire e a essere competitive nel
nostro Paese. In questo momento, lo sono meno di quello che possono esserlo in altri
Paesi europei. Se non si sciolgono i nodi, peraltro abbastanza conosciuti – il problema
della minore produttività, il problema della scarsa flessibilità, il problema della
burocrazia dei costi indiretti e pesantissimi derivanti dalla burocrazia pubblica
– se non si risolvono questi problemi, la produzione industriale nel nostro Paese
continuerà a diminuire anche quando ci sarà una ripresa dei mercati e la disoccupazione
continuerà ad aumentare.