2013-01-14 15:57:07

Crisi in Mali, ribelli conquistano Diabaly. E' emergenza profughi


Quarto giorno di operazioni francesi nel nord del Mali contro i jihadisti che controllano la zona di Awazad. A sostenere logisticamente le truppe francesi anche Stati Uniti, Gran Bretagna e Danimarca, mentre la Germania ha escluso l’invio di soldati. Sempre più drammatica la situazione dei profughi. Il servizio di Massimiliano Menichetti:RealAudioMP3

E’ la Nato stessa ad accogliere con favore l'intervento militare francese in Mali, per strappare il Nord agli islamisti che controllano il terrotorio. L’Alleanza ribadisce di non aver ricevuto, per ora, alcuna richiesta di aiuto da Parigi per fronteggiare la crisi. L’Unione Europea, dal canto suo, sta valutando una missione di addestramento, non operativa. Intanto, sul terreno da quattro giorni continuano i combattimenti nel nord del Paese contro i jihadisti che hanno deciso e attuato l’avanzata verso sud, nelle zone controllate dal governo. Occupata, secondo fonti locali, la città di Diabaly, situata a 400 km della capitale, Bamako. I bilanci parlano di oltre 60 jihadisti uccisi nei bombardamenti francesi di ieri sulla città di Gao. Il Movimento nazionale di liberazione dell'Azawad, composto in maggioranza da tuareg laici, nel frattempo fa sapere che lotterà contro il terrorismo, per evitare che la guerra coinvolga la popolazione civile che intanto cerca riparo nei paesi limitrofi. In questo scenario, l'Ecowas, l'organismo che riunisce 15 nazioni dell'Africa occidentale, ha convocato per venerdì possimo nella capitale della Costa d'Avorio, Abidjan, un vertice straordinario dedicato esclusivamente alla crisi maliana.

Sulla situazione abbiamo raggiunto telefonicamente a Bamako, capitale del Mali, Alberto Fascetto, cooperante della Ong Cisv (Comunità impegno servizio volontariato):RealAudioMP3

R. – Al momento, i bilanci della guerra sono in dubbio. Il governo maliano afferma di avere ormai il controllo sulla cittadina di Konna, nella quale è iniziato lo scontro tra le forze maliane e i ribelli islamici. Viceversa, i ribelli affermano di avere ancora il controllo sulla cittadina e di non aver subito danni a cose o a persone. Di sicuro, c’è il deflusso della popolazione civile che dalla regione di Mopti - soprattutto dalle zone che stanno subendo i raid aerei, come le città di Gao e di Doventza - si sta spostando negli Stati limitrofi: Mauritania, Burkina Faso, ma anche le regioni a sud di Mopti.

D. – Di quante persone stiamo parlando, secondo stime?

R. – Ultimamente, 50 mila. In ottobre erano 200 mila, ma dall’inizio della crisi alimentare, della crisi politico-territoriale e della crisi attuale, non escluderei si tratti di mezzo milione di persone in tutta l’area.

D. - Queste persone che si spostano nei Paesi limitrofi vengono poi assistite, curate e ricevute? Qual è la loro condizione?

D. – I governi limitrofi, con l’aiuto delle agenzie Onu, quindi soprattutto Unhcr e Pam, hanno attivato campi profughi, danno tende e viveri… Invece, quello che ottengono le famiglie che decidono di lasciare le loro case e spostarsi verso il sud del Mali, è una semplice accoglienza delle famiglie stesse del Mali. Al momento il governo del Mali non ha i mezzi e le forze per aiutare le famiglie che si spostano dal nord al sud.

D. – Qual è la situazione invece al sud del Paese, a Bamako?

R. – Il governo, due giorni fa, ha dichiarato lo stato d’urgenza, che consiste di fatto in un aumento dei controlli e in una maggiore presenza dell’esercito e della polizia. Oggi, sono state chiuse le scuole e vietate le manifestazioni di piazza fino a nuovo ordine. Sono arrivati anche mezzi blindati leggeri dell’esercito francese. La popolazione è preoccupata per la guerra. La maggior parte ha accolto con sollievo l’intervento di Parigi e quello della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, per la gente un intervento avrebbe dovuto esserci già da mesi. C’è poi una parte minoritaria della popolazione che vede l’arrivo della Francia in chiave neocolonialista, però, la maggior parte vede di buon occhio un intervento della comunità internazionale, perché l’esercito maliano, da solo, non sarebbe stato in grado di bloccare gli islamisti.







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