Crisi in Mali, ribelli conquistano Diabaly. E' emergenza profughi
Quarto giorno di operazioni francesi nel nord del Mali contro i jihadisti che controllano
la zona di Awazad. A sostenere logisticamente le truppe francesi anche Stati Uniti,
Gran Bretagna e Danimarca, mentre la Germania ha escluso l’invio di soldati. Sempre
più drammatica la situazione dei profughi. Il servizio di Massimiliano Menichetti:
E’ la Nato stessa
ad accogliere con favore l'intervento militare francese in Mali, per strappare il
Nord agli islamisti che controllano il terrotorio. L’Alleanza ribadisce di non aver
ricevuto, per ora, alcuna richiesta di aiuto da Parigi per fronteggiare la crisi.
L’Unione Europea, dal canto suo, sta valutando una missione di addestramento, non
operativa. Intanto, sul terreno da quattro giorni continuano i combattimenti nel nord
del Paese contro i jihadisti che hanno deciso e attuato l’avanzata verso sud, nelle
zone controllate dal governo. Occupata, secondo fonti locali, la città di Diabaly,
situata a 400 km della capitale, Bamako. I bilanci parlano di oltre 60 jihadisti uccisi
nei bombardamenti francesi di ieri sulla città di Gao. Il Movimento nazionale di liberazione
dell'Azawad, composto in maggioranza da tuareg laici, nel frattempo fa sapere che
lotterà contro il terrorismo, per evitare che la guerra coinvolga la popolazione civile
che intanto cerca riparo nei paesi limitrofi. In questo scenario, l'Ecowas, l'organismo
che riunisce 15 nazioni dell'Africa occidentale, ha convocato per venerdì possimo
nella capitale della Costa d'Avorio, Abidjan, un vertice straordinario dedicato esclusivamente
alla crisi maliana.
Sulla situazione abbiamo raggiunto telefonicamente a Bamako,
capitale del Mali, Alberto Fascetto, cooperante della Ong Cisv (Comunità impegno
servizio volontariato):
R. – Al momento,
i bilanci della guerra sono in dubbio. Il governo maliano afferma di avere ormai il
controllo sulla cittadina di Konna, nella quale è iniziato lo scontro tra le forze
maliane e i ribelli islamici. Viceversa, i ribelli affermano di avere ancora il controllo
sulla cittadina e di non aver subito danni a cose o a persone. Di sicuro, c’è il deflusso
della popolazione civile che dalla regione di Mopti - soprattutto dalle zone che stanno
subendo i raid aerei, come le città di Gao e di Doventza - si sta spostando negli
Stati limitrofi: Mauritania, Burkina Faso, ma anche le regioni a sud di Mopti.
D.
– Di quante persone stiamo parlando, secondo stime?
R. – Ultimamente, 50 mila.
In ottobre erano 200 mila, ma dall’inizio della crisi alimentare, della crisi politico-territoriale
e della crisi attuale, non escluderei si tratti di mezzo milione di persone in tutta
l’area.
D. - Queste persone che si spostano nei Paesi limitrofi vengono poi
assistite, curate e ricevute? Qual è la loro condizione?
D. – I governi limitrofi,
con l’aiuto delle agenzie Onu, quindi soprattutto Unhcr e Pam, hanno attivato campi
profughi, danno tende e viveri… Invece, quello che ottengono le famiglie che decidono
di lasciare le loro case e spostarsi verso il sud del Mali, è una semplice accoglienza
delle famiglie stesse del Mali. Al momento il governo del Mali non ha i mezzi e le
forze per aiutare le famiglie che si spostano dal nord al sud.
D. – Qual è
la situazione invece al sud del Paese, a Bamako?
R. – Il governo, due giorni
fa, ha dichiarato lo stato d’urgenza, che consiste di fatto in un aumento dei controlli
e in una maggiore presenza dell’esercito e della polizia. Oggi, sono state chiuse
le scuole e vietate le manifestazioni di piazza fino a nuovo ordine. Sono arrivati
anche mezzi blindati leggeri dell’esercito francese. La popolazione è preoccupata
per la guerra. La maggior parte ha accolto con sollievo l’intervento di Parigi e quello
della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, per la gente un intervento
avrebbe dovuto esserci già da mesi. C’è poi una parte minoritaria della popolazione
che vede l’arrivo della Francia in chiave neocolonialista, però, la maggior parte
vede di buon occhio un intervento della comunità internazionale, perché l’esercito
maliano, da solo, non sarebbe stato in grado di bloccare gli islamisti.